Un’altra stagione cinematografica sta passando, mentre il mondo della celluloide si evolve, si complica e aumenta le proprie dimensione medianiche e tecniche, pur restando con la solida base ideologica degli albori classici.
L’evento sconvolgente di questa annata è rappresentato dalla prematura e inattesa scomparsa dell’attore Heath Ledger, 29 anni, uno dei talenti più prolifici della attuale Hollywood. Ledger se ne va così, alla moda dei più grandi come James Dean o River Phoenix, in un addio pieno di mistero e fascino. Fascino che accresce in maniera smisurata con la visione dei suoi ultimi lavori da attore; il suo accattivante Joker in Il Cavaliere oscuro di C. Nolan è già leggenda, forse non all’altezza della maschera anni ’90 di Nicholson, ma comunque degno di raffigurare la smagliante copertina del corrente anno di cinema. Ledger ci sorprenderà nel postumo Dottor Parnassus di Terry Gilliam, un cult da brividi, mefistofelico, una sorta di lettera d’addio dell’attore australiano. Lo attendiamo.
Da poco abbiamo assistito alla notte degli Oscar, ed è restrittivo dire che siamo rimasti sorpresi; l’Accademy ha premiato il coloratissimo e struggente Slumdog Millionaire, dell’inglese Danny Boyle, un affresco sull’India bollywoodiana ripercorsa dagli occhi vissuti di un giovane ragazzo del thè di Mumbai. La pellicola è costata solo 15 milioni di dollari, cifra minima rispetto ai blockbuster americani ricchi di special effects e cast da far paura. Qualcosa sta cambiando nei piani alti.
A Hollywood è stato l’anno dei ritorni e delle consacrazioni; Di Caprio e la Winslet si sono ritrovati una decina d’anni dopo Titanic nel gradevole Revolutionary road di Sam Mendes, Brad Pitt nell’ottimo Il curioso caso di Benjamin Button si maschera e si trasforma e ritrova la sua capacità attoriale lasciandosi alle spalle mesi e mesi di gossip. Trionfo per Sean Penn in Milk di Gus van Sant, dove spacca la barriera dell’omofobia, vince l’Oscar per miglior interprete e si rimette in gioco. Anno di magra per l’aclamatissimo Johnny Depp che a parte gli strascichi musical di Sweeney Todd attende la primavera 2009 per riproporsi ai massimi livelli.
Mozione d’onore per la commedia americana caotica e guizzante della Frat-pack, simboleggiata dall’irriverente Tropic Thunder dove Stiller, Downey jr e Black si prendono gioco dei pomposi film bellici dai cannoni di Navarone agli attualissimi della guerra del Golfo. Un bel passo in avanti ideologico e tematico.
Il cinema indipendente ci ha reglato discrete perle; su tutte la tenera storia di Juno, colpisce al cuore ma fa sorridere la storia di una minorenne alle prese con una non-voluta gravidanza nel mezzo della bigotta provincia statunitense. Chi ama i film a basso budget non si sarà lasciato sfuggire l’horror vampiresco Lasciami entrare (fratello illegittimo del deludente Twilight) ed il western old-style di Ed Harris Appaloosa. Inoltre a Hollyowood si è ballato con Mamma mia, si è riso con Il treno per il Darjeeling ed il coheniano Burn After reading e ci si è emozionati in diversi modi con Changeling e Quantum of Solace, ultimo capitolo di 007.
Discorso a parte merita il cinema nostrano. In Italia passano finalmente in secondo piano i cine-panettoni, le commedie ad alto budget e poco usufrutto (Italians, Il cosmo sul comò) e fallisce persino un mostro sacro come Ozpetek con un vacillante Un giorno perfetto. Tutta l’attenzione è rivolta ai capolavori d’esportazione prodotti dall’accurata scelta di Domenico Procacci; in primavera sono usciti il discusso e acclamato Gomorra, documentario-fiction tratto dal best seller anti-camorra di Saviano, ne è risultato un excursus attento e visivamente accecante sulla piaga di malavita campana. E poi Il Divo, memorabile Biopic di Paolo Sorrentino sull’intoccabile figura di Giulio Andreotti. Minimo comune denominatore: Toni Servillo, l’interprete italiano più in voga (a ragione assoluta) di questo periodo.
Anche dal resto d’Europa sono giunte pellicole molto interessanti e impegnate come il pluripremiato prodotto francese La classe; in Germania ottimo La banda Baader-Meinhof mentre l’immortale Woody Allen ha tentato con un discreto successo l’avventura in terra di Spagna con Vicky Cristina Barcelona. Un’ottima annata dunque, per dirla alla Ridley Scott, senza un filo conduttore specifico, ma pieno di alti e bassi, divi ed anti-divi, un andirivieni di colpi da maestro e prodotti di minor spessore artistico. Il 2009-10 ci presenterà grandi ritorni, come Tarantino, Burton e Michael Mann; e allora non resta che augurare agli amanti della settima arte, buon Cinema a tutti.
P.S. Il caso cinematografico dell’anno, ovvero il biopic W. di Oliver Stone sull’ex-presidente degli Stati Uniti George Bush ha fatto discutere in tutto il mondo per giorni. In Italia non è stato neanche distribuito, ma trasmesso in data unica da La 7. Nel frattempo Natale a Rio occupava il 70% delle sale su territorio italiano. Mah…
di Keivan Karimi.
Nessun commento:
Posta un commento