mercoledì 28 gennaio 2009

Sidney Pollack.

E’stato un regista che ha difeso e rinnovato la tradizione della grande Hollywood. Quando,nel 1969,Dennis Hopper realizza Easy rider,S.Pollack gira “Ardenne 44,un inferno”:questa coincidenza riesce a inquadrare l’arte di Pollack,che si serve di forme tradizionali per esprimere la propria visione del mondo,che è una percezione del tempo. Nato nel 1934,fa le sue prime regie in tv,ad esempio il Dr. Kildare . Nelle mani del regista,una situazione convenzionale come Ardenne,con un castello attaccato dai tedeschi e difeso da un manipolo di soldati,diviene un’allegoria dell’uomo che cerca di opporsi alla storia,consapevole che ne rimarrà sopraffatto,ma,ciò nonostante,porta a termine la missione .La storia che gli piace è quella del cinema è si dedica a vari generi:”Corvo rosso non avrai il mio scalpo”(1972) è un western,”Come eravamo”
(1973) un dramma sentimentale,”I 3 giorni del condor”un giallo spionistico. Tutti debitori della grande Hollywood,che il regista rispetta e rende moderna . Gli indiani di Corvo Rosso non sono più nemici da abbattere,ma rimangono spietati:Jeremiah Johnson non è ossessionato dal razzismo,ma è determinato nel combatterli. Indimenticabile è la parentesi sentimentale de “I 3 giorni del condor”,breve e con l’alternanza di inquadrature sui volti dei due amanti,sulle loro mani e sulle tristi foto autunnali appese alla parete. E’stato anche attore:per W.Allen in “Mariti e mogli”(1992) e R.Altman “I protagonisti”(1992),R.Zemeckis”La morte ti fa bella”(1992),S.Kubrick per “Eyes wide shut”(1999) e l’ultima apparizione è in “Michael Clayton”(2007). Il suo più grande è “La mia Africa”(1985),che ha vinto 7 Oscar:film,regia,musica, scenografia,sceneggiatura,suono,fotografia e da ricordare è pure”Tootsie”(1982).
di Sara Memmi. 27 maggio 2008.

Stefano Accorsi a teatro. Un dubbio molto rock!

Dopo Modena e Napoli “Il dubbio”, l’opera scritta dal Premio Pulitzer John Patrick Shanley per la regia di Sergio Castellitto, sbarca al Teatro Manzoni di Milano. 
Il cartellone con i volti dei protagonisti domina via Manzoni. Tra il passaggio di un tram d’epoca e l’altro, il pubblico inizia ad affluire in uno dei templi della prosa milanese. Scorrendo velocemente la cronologia degli spettacoli al Manzoni negli ultimi trent’anni (epoca Fininvest) si incontrano nomi quali Bramieri, Albertazzi, Volonté, Gassman, Tognazzi e Proietti. Fermiamoci qui. Il pubblico del Manzoni è in gran parte fatto di fedeli e storici abbonati della Milano bene, agiato e dall’età media alta: decisamente un altro pubblico rispetto a quello che ha riempito le sale cinematografiche per i più grandi successi di Stefano Accorsi. “Chissà se è così bravo come dicono…” si sente dalle file retrostanti.
Negli ultimi anni, la carriera dell’attore bolognese è cambiata e molto. Nelle sale italiane non è più così frequente ritrovarlo e allora vederlo sbucare dalle luci blu di scena di inizio spettacolo, prima in mutande sdraiato sul letto e poi in piedi con gli abiti da prete (interpreta Padre Flynn), intento nella recita del sermone, dà la sensazione di essere testimone di un nuovo capitolo della sua vita artistica.
La storia de Il dubbio è semplice, la messa in scena e l’elaborazione testuale molto complessa e con numerosissime chiavi di lettura. L’opera di Shanley è ambientata in una scuola cattolica del Bronx a metà anni Sessanta. Padre Flynn (come detto, Stefano Accorsi) viene accusato di aver particolari attenzioni per uno scolaro “negro” da suor Aloysia (una eccellente Lucilla Morlacchi), intransigente e glaciale direttrice della scuola di St.Nicholas. Tra i due protagonisti principali si viene a trovare la giovanissima suor James (Alice Bachi, bravissima! ricorda a tratti Paola Cortellesi), che si ritrova molto nel modo di fare e nei moderni ideali di Flynn, ma che deve inevitabilmente rendere conto (e non contraddire) il suo diretto superiore. Gustosa e esemplare, a proposito, la scena del the.
La messa in scena è intrigante, i giochi di luce strepitosi: la croce che appare (per poi sparire poco dopo) ogni qualvolta si muovono le pareti di sfondo è un costante monito ai protagonisti di questo grande dubbio: un monito imponente e schiacciante. La croce composta da proiettori rivolti al pubblico, scuote nel finale d’opera lo spettatore più di molte parole. Tra un cambio di scena e l’altro, strepitosi inserti musicali con canzoni di Bob Dylan (echi del complesso e fascinoso I’m not there di Todd Haynes). Le note di Like a rolling stone tuonano dirompenti nel teatro, a sottolineare la tragicità di un dubbio.
Quando la notizia del ritorno a teatro di Accorsi era stata diffusa, la domanda che in molti si ponevano era: “come mai il teatro?” La risposta sta sempre nelle note del cantautore del Minnesota: reciti davanti al tuo pubblico, concludi il tuo lavoro d’attore, e poi…e poi il sipario si chiude e poco dopo si riapre con un enorme tributo d’applausi. In sottofondo c’è Knockin’ on Heaven’s door. E’ ciò che un uomo di spettacolo sogna: ricevere l’applauso del pubblico (Christopher Nolan, nello splendido The Prestige, docet). 
A Milano c’è stata la parentesi più lunga della tournée. Dal 4 marzo sino al 6 aprile (con interruzione pasquale) Il dubbio è stato in scena al Teatro Manzoni di Milano; chissà che le datate poltroncine rosse della sala meneghina possano essere la consacrazione dell’attore emiliano presso un pubblico profondamente lontano da Ultimi baci o Romanzi criminali.
di Matteo Bursi. 9 aprile 2008.

Addio a Charlton Heston, l'eroe della Hollywood perduta.

John Charles Carter, in arte Charlton Heston, mitico attore statunitense dell’epoca d’oro di Hollywood, è deceduto a 84 anni nella sua casa di Beverly Hills lo scorso 5 aprile, causa forti e inarrestabili ripercussioni del terribile morbo di Alzheimer, malattia dalla quale era affetto da circa 6 anni.
Ci lascia così un pezzo di storia del cinema d’oltreoceano, la rappresentazione più balenante dell’eroe biblico, il simbolo di un filone di grande produttività artistica ed economica della Hollywood anni ’50. Divenne celebre soprattutto nelle interpretazioni di capolavori epici come Ben Hur di William Wyler, I dieci comandamenti di Cecil De Mille o El Cid di Anthony Mann; un esemplare di uomo dominante, rispettato, venerato, il salvatore della patria mescolato al miglior Don Giovanni, per una sfilza di personaggi destinati a ricevere il consenso del pubblico. 
Heston non si è dedicato solo nel partecipare a trasposizioni di opere letterarie antiche o religiose; è stato anche il coraggioso generale Gordon in Khartoum, l’eccentrico colonnello Taylor ne Il pianeta delle scimmie, o l’enigmatico funzionario messicano Vargas nel capolavoro di Orson Welles L’infernale Quinlan. Col passare degli anni e col progressivo e netto stravolgimento della New Hollywood degli anni ’70, Heston ha preso in considerazione sempre meno progetti, partecipando comunque in singolari pellicole made in Usa con accentuati rimandi al cinema del ventennio precedente. Stiamo parlando di 2022, i Sopravvissuti, film di fantascienza di vecchio stampo con Edward G. Robinson e Joseph Cotten, o ne I tre moschettieri di Richard Lester nel ruolo del famigerato cardinale Richelieu e ripetendosi nel rispettivo seguito Milady.
Tra anni ’80 e ’90 l’attore non ha disdegnato comparsate televisive, come per la serie Dinasty o nel celebrato Saturday Night Live. Ciò che in molti non sanno è che l’eclettico e perseverante Heston si è calato nel ruolo di regista per ben 3 volte; nel ’72 ha diretto e interpretato All’ombra delle Piramidi, rifacimento poco convinto del classico Shakesperiano Antonio e Cleopatra; nell’83 ha provato il bis con l’avventuroso Mother Lode (meglio conosciuto come I Predatori della vena d’oro), ma si conferma non essere adatto al ruolo dietro la cinepresa; infine nell’88 ha tentato di riprodurre per la TV via cavo il celebre classico Un uomo per tutte le stagioni, che vede in primo piano il rapporto burrascoso fra il filosofo Thomas More e il sovrano Enrico VIII. 
Nell’ultimo decennio, pur essendo stato nominato presidente della contestata organizzazione di avvocatura per i possessori di armi in America (National Rifle Association), ha continuato a lavorare in pianta stabile nel cinema, in progetti minori e meno affermati. 
Premio Oscar nel 1960 per l’assoluto capolavoro Ben Hur, Charlton Heston si merita un glorioso posto nell’Olimpo dei divi hollywoodiani di sempre. Quel suo sguardo duro, attivo, ma allo stesso tempo rassicurante e sentimentale ha rappresentato per il cinema di genere di 40-50 anni fa un uomo, un personaggio di caratura universale.
di Keivan Karimi. 7 aprile 2008.

Charlton Heston

Statuario e dalla voce tonante, è stato condottiero e profeta divino nella Hollywood dei kolossal,interpretando personaggi più grandi del vero. Per sua fortuna, quando anni 50 Hollywood ebbe bisogno per i suoi films storici di un attore dal viso macho e dallo sguardo perduto lontano,Charlton Heston era l’uomo perfetto. E aveva l’età giusta:era nato il 4 ottobre 1924 a Evanston,nell’Illinois e aveva studiato arte drammatica all’accademia. Dopo qualche western di serie b,furono i peplum e le grandi produzioni bibliche di Cecil B.De Mille a dargli la fama. Fu Mosè nei Dieci comandamenti(1956), è Ben Hur (1959), 11 Oscar - N.D.A:per avere questo ruolo,accettò di fare il cattivo ne Il grande paese(1958),sempre di W.Wyler-. Passerà alla storia come il muscoloso e religioso eroe delle più grandi storie mai raccontate,ma interpretò anche films storici come El cid (1961)nella Spagna del XI secolo occupata dagli arabi,di A.Mann;o Michelangelo che affrescò la Cappella Sistina in Il tormento e l’estasi (1965). Fu diretto da O.Welles nel bellissimo L’infernale Quinlan (1958):era il poliziotto Vargas .Nel principe guerriero(1965)era un eroe normanno,in Khartoum (1966),al fianco di Laurence Olivier,era il generale inglese Gordon nell’Africa del 1883;in 55 giorni a Pechino(1963) era un marine nella rivolta dei boxer di Pechino. 
Fu anche regista de All’ombra delle Piramidi(1973) dove interpretò Marco Antonio; e non dimentichiamo il filone fantascientifico:Il pianeta delle scimmie(1968) di Schaffner;1975:occhi bianchi sul pianeta Terradi Sagal(1971) e 2022:i sopravvissuti di Fleischer(1973). Per ultimo,qualche puntata nel genere catastrofico: Airport 75(1974) e Terremoto (1974).
E’morto a 84 anni, a Beverly Hills, il 5 aprile 2008.
di Sara Memmi. 7 aprile 2008.

Morto Anthony Minghella, regista da Odissea.

All’alba del 18 marzo scorso si è spento a Londra Anthony Minghella, 54 anni, affermato regista britannico, di chiare origini italiane. E’ ricordato soprattutto per il premio Oscar vinto per la direzione del Paziente inglese del 1996, capolavoro quasi epico con Ralph Fiennes, che sbancò agli Academy Awards con ben nove statuette.
La carriera del giovane Minghella comincia come drammaturgo teatrale in Inghilterra, occupazione tra le più ambite fra le più fresche menti di Gran Bretagna, e si laurea con ottimi risultati all’università di Hull, nello Yorkshire, presentando il suo primo progetto cinematografico; un film piuttosto dispendioso dedicato alla nonna italiana a cui era molto legato. Dopo un’ottima esperienza dal punto di vista drammaturgico-teatrale, viene premiato nel 1986 col riconoscimento per la migliore opera “Made in Bangkok”. Nel 1990 il grande salto: l’industria cinematografica britannica gli dà fiducia finanziando il suo primo progetto su grande schermo, Il fantasma innamorato, una commedia fantastica dagli spunti melò, con Alan Rickman e Juliet Stevenson, e dimostra di saperci fare nel trattare i rapporti sentimentali che vanno aldilà della vita terrena. Nel 1992 sbarca negli USA, chiamato a dirigere la commediola newyorchese Mister Wonderful, nella quale non basta un cast di ottimi attori come Matt Dillon e William Hurt. Il talento di Minghella non si esaurisce di certo in queste pellicole soft e poco celebrate. Nel ’96, come già detto, arriva la grande occasione; viene chiamato a tradurre in film il best-seller dell’asiatico Michael Ondaatje Il Paziente inglese. L’intensa storia valica epoche e mondi diversi, dalla Toscana all’India, dal deserto alle piramidi del Cairo, raffigura le brutalità della Seconda Guerra Mondiale e scava nel rapporto intimo e ultra-terreno fra un ricco uomo britannico (R.Fiennes) e la sua amata Katherine (Kristin Scott Thomas), raccontato dallo stesso protagonista, ormai sfiguarato, sotto le cure della curiosa infermiera Hana (Juliette Binoche). Fu girato a Hollywood, ma è un progetto di puro stampo europeo, a livello tecnico e ideologico; è un’odissea degli uomini, alla ricerca della condizione perfetta e globale. A fine secolo Minghella torna a realizzare una pellicola importante come Il talento di Mr. Ripley, con Matt Damon, Jude Law e Gwyneth Paltrow, Anche qui il regista affronta i temi dei rapporti sentimentali travagliati, ma li unisce a un ritmo da thriller psicologico e al tema del falso, accomunato da un senso di invidia e rabbia primordiale, istintiva, feroce. Film nel complesso sopravvalutato, ma che rafforza l’immagine di Minghella come regista dalle tematiche impegnative. La più grande fatica del regista anglo-italiano è datata 2003, nella trasposizione filmica del romanzo di Charles Fraizer Ritorno a Cold Mountain. Il film tratta la vera e propria Odissea del soldato W.P. Inman (Jude Law), taciturno, solitario, ma con la sola speranza di riabbracciare un giorno la sua amata Ada Monroe (Nicole Kidaman), una sorta di Penelope della prateria statunitense, costretta a fronteggiare fame e ingiustizie. La pellicola ha chiarissime attinenze col poema omerico, divisa in due blocchi narrativi: la guerra e il ritorno arduo dell’eroe Inman e la permanenza difficile della giunonica Ada. Premiato con un solo Oscar, alla attrice non-protagonista Renè Zellweger, rimane uno dei caposaldi epici del cinema americano di inizio millennio. Nel 2006 infine, Minghella, più stucchevole e razionale che mai, torna a Londra per girare Complicità e sospetti, ancora una volta con Jude Law e Juliette Binoche; si ritorna a parlare dei rapporti inter-personali più recenti, in una città multi etnica dove si ha paura di impegnarsi e di esprimere i sentimenti più reconditi. Tutto può essere messo in crisi, anche questa è un’Odissea dell’animo umano, incapace di dirigersi verso la strada giusta, quella del raziocinio.
Ci viene difficile invece comparare la vita di Anthony Minghella a quella del prode Ulisse, eroe di mille mondi; il regista i mille mondi li ha comunque saputi raccontare con energia e spiccata emozione, e con quel velo intimo di speranza capace di trasportarci in un universo old-style tra le difficoltà dell’essere.
di Keivan Karimi. 18 marzo 2008.

Alida Valli, la divina del cinema italiano.

Nata a Pola (Istria) il 31 maggio 1921, Alida von Altenburger,baronessa di Markenstein Freunberg,si trasferì a Roma con il padre,professore di filosofia,negli anni della prima adolescenza. Ottenne dalla madre il permesso di iscriversi al Centro sperimentale di Cinematografia a soli 15 anni. Bella come era,ottenne subito un piccolo ruolo nel film I due sergenti. Mario Bonnard la volle nel 1937 ne Il feroce Saladino, affidandole il ruolo della Bella Sulamita. Da allora lavorò in continuazione divenendo la fidanzata d’Italia. Nel 1940 Mario Soldati la fece diventare la protagonista,al fianco di Massimo Serato,di Piccolo mondo antico,divenendo la diva numero 1 del cinema italiano. I suoi film successivi saranno Ore nove:lezioni di chimica.Catene invisibili, Le due orfanelle,Addio Kira,Noi vivi,La vita ricomincia,Eugenia Grandet. Nel 1944 sposa il musicista triestino Oscar De Mejo,che gli darà 2 figli e divorzierà da lui nel 1952. Negli anni del matrimonio partì per gli Stati Uniti: Alfred Hitchcock la scritturò per recitare,al fianco di Gregory Peck e Charles Laughton,ne Il caso Paradine; sarà la protagonista femminile al fianco di Orson Welles e Joseph Cotten del film capolavoro di Carol Reed Il terzo uomo e,infine, al fianco di Frank Sinatra de Il miracolo delle campane, di Irving Pichel. 
Negli anni Cinquanta tornò in Italia dove fece il cult Senso di Luchino Visconti; Il grido di Michelangelo Antonioni e  La strategia del ragno di Bernardo Bertolucci. La ricordiamo anche ne La diga sul Pacifico,di Renè Clement con Silvana Mangano e Antony Perkins;Cassandra Crossing  di George Pan Cosmatos,La prima notte di quiete,di Valerio Zurlino,Suspiria di Dario Argento e Novecento di Bertolucci. Nel 1989 vinse il premio Duse,nel ’91 il David alla carriera e nel’97 il Leone d’oro al Festival di Venezia per aver contribuito attivamente al successo del cinema italiano. E’ morta nel 2006.
di Sara Memmi. 18 febbraio 2008.

Una diva per Fellini: Magali Noel.

Nata a Smirne (Turchia) nel 1932,Magali Giuffrai,in arte Magali Noel,divenne famosa grazie al film Rififi,di Jules Dassin(primo film del regista americano,costretto dalla caccia alle streghe a emigrare in Europa),nel quale interpretava il ruolo del cantante di night che fa perdere la testa al Milanese (Marsigliese nell’edizione italiana) ,esperto di casseforti interpretato con lo pseudonimo di Perlo Vita,dallo stesso regista.
Nell’esecuzione del motivo Le rififi (il colpo) la sensuale Magali conquistò il favore del pubblico. Dopo aver interpretato molti film in Francia (Le grandi manovre,Eliana e gli uomini,E’ arrivata la parigina)venne scoperta dal cinema italiano:il primo a volerla fu Federico Fellini,che le assegnò un ruolo importante nella Dolce vita (1960):è una ragazza di spettacolo dal cuore buono,capace di intenerirsi per le vicende dei suoi amici. Interpretò altri film nel nostro paese:La ragazza in vetrina di Luciano Emmer, Noi siamo due evasi,con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello,Gastone,al fianco di Alberto Sordi e Totò e Cleopatra,con Totò. In Francia fece:Boulevard di Julien Duvivier,al fianco di Jean-Pierre Leaud;Caccia all’uomo,di Maurice Cloche,al fianco di Pierre Mondy; Z-L’orgia del potere di Constantin Costa-Gavras,al fianco di Yves Montand e Jean-Louis Trintignant. Ma chi la valorizzò di più fu il nostro Fellini,che dopo averla voluta nuovamente in Otto e mezzo Fellini Satyricon,ne fece il personaggio femminile più affascinante diAmarcord:vedendola come il simbolo del fascino femminile italiano - una donna bella dal carattere dolce e dalle aspirazioni piccolo borghesi(“Quello che veramente voglio è un marito normale,una famiglia e la sicurezza degli affetti. Anche fare l’amore,naturalmente,ma non è quella la cosa più importante.”) Fellini creò il prototipo della donna italiana del periodo tra le 2 guerre. Come non dimenticare la scena in cui la”Gradisca” viene invitata nella suite del principe ,al Grand Hotel,perché gli tenga compagnia e,dopo essersi infilata nel letto, sorride all’affascinante nobiluomo dicendogli”Gradisca” - da qui il nomignolo-. Alla fine sceglierà come marito un carabiniere,con cui realizzerà il sogno di una vita. Al fianco di Gian Maria Volontè interpretò,diretta da Claude Goretta,La morte di Mario Riccidrammatico atto d’accusa contro lo sfruttamento degli immigrati da parte delle grandi multinazionali con il tacito consenso delle autorità. Da qualche anno la bella attrice è tornata a lavorare in Francia,dove alterna film e impegni teatrali.
di Sara Memmi. 18 febbraio 2008.

Ridi, pagliaccio!


Se mi trovo qui a scrivere queste righe è per rendere omaggio ad un attore, un ragazzo che in molti amavamo.
Heath Ledger ci piaceva perché non era uno comune. Era istrionico, energico e soprattutto coraggioso, perché non aveva paura di scegliere di interpretare personaggi sempre diversi, anche quelli definiti scomodi, di quelli che possono affondarti la carriera. Per questo, fra i tanti, lo ricorderemo come l’ Ennis Del Mar di “Brokeback Mountain” che non sa resistere all’ amore per Jack, ma allo stesso tempo rimane vinto dalla paura che lo attanaglia nella sua condizione omofobica che lo lascerà dilaniato per tutta la vita.
E non lo dimenticheremo di certo a Venezia quest’ anno, mentre ritira la Coppa Volpi della Blanchett simile ad un pagliaccetto del circo, splendente con bermuda larghi, occhiali rossi e calzini a righe!
Ma adesso lo aspetteremo ancora, per l’ultima volta, con un po’ di trucco in faccia e l’aria da pagliaccio fuori di testa che va a caccia di un pipistrello, con quella sua voce tenebrosa e quel ghigno malefico sulla copertina dell’ultimo CIAK.
Verrebbe da dire “ridi pagliaccio”, ma forse lo sta già facendo.
Caro Heath, ti salutiamo senza pretendere di sapere, ma con cuore sincero ti diciamo che ci piacevi e per questo ci mancherai. 
di Valentina Gaetani. 23 gennaio 2008.

Cosa ci riserverà il cinema del 2008...

Cosa ci riserverà il 2008? Sono più di 100 i film che compariranno nelle sale quest'anno e mi piacerebbe darvi qualche assaggio di quelli che maggiormente hanno mosso la mia curiosità. Tutto quello che leggerete è il frutto di una ricerca in rete, allo scopo di individuare i tratti più genuini, riflessivi, salienti di ogni opera. 

Nessuna qualità' agli eroi
Uscita nelle sale : 25 Gennaio
Regia di Paolo Franchi con Irène Jacob, Bruno Todeschini, Elio Germano
Paolo Franchi costruisce un noir dell'anima in cui si confrontano depressione e follia: da una parte l'apatia senza qualità di Bruno, uno svizzero trasferito a Torino che non riesce a sopportare un problema intimo personale, dall'altra Luca il figlio scontento e ribelle di Giorgio Neri, un direttore di banca capace di trasformarsi in un usuraio che ha anche Bruno tra le sue vittime. Un racconto profondo di paternità e filialità contenuto nel vuoto di vite senza appagamento ; si naviga soprattutto fra le tenebre dell' incoscio e solo a sprazzi si possono cogliere riferimenti diretti al reale. Un film intenso, introspettivo e coinvolgente. 

Away From Her (Lontano da Lei)
Uscita nelle sale : Febbraio
Regia di Sarah Polley con Julie Christie e Gordon Pinsent
L'amore vissuto attraverso gli occhi di un'anziana coppia unita da anni da un legame intenso, romantico; la loro tranquillità sarà però interrotta dai continui riferimenti da parte di lei ad un passato ormai lontano.
È indubbiamente un film molto poetico, dai tratti delicati eppure forti, quello che ci propone alla sua prima esperienza Sarah Polley; la regia si rivela inaspettatamente oculata nel dosare luci sapienti, fotografia accurata, colori minimal eppure sempre accuratamente necessari. 
Con un intelligente dosaggio di flashback, salti in avanti e all'indietro, conditi dall'uso di pellicola d'epoca e di effetti anticati là dove serve, Polley è in grado di disegnare il lieve e terribile ritratto della solitudine della mente che ci abbandona, insieme all'amore, e di lasciare senza fiato e rapito dall'immenso dolore lo spettatore senza però stordirlo a morte. 

Lo scafandro e la farfalla
Uscita nelle sale : Febbraio 
Lo scafandro e la farfalla è il nuovo film del regista newyorkese Julian Schnabel, vincitore del premio come Miglior Regia al Festival di Cannes 2007.
"Anche l'immobilità è fonte di gioia".
Il film è ispirato al romanzo omonimo ed autobiografico di Jean-Dominique Bauby, giornalista e capo redattore della rivista francese Elle, divenuto improvvisamente disabile a causa di un ictus. 
"Lo scafandro del corpo, non impedì alla farfalla dell'anima di uscire e comunicare".
Il romanzo fu pubblicato nel 1997, alcune settimane dopo la morte di Jean-Dominique Bauby, avvenuta all'età di 44 anni. Il lungometraggio riesce a far vivere in diretta ed in primo piano le tappe della vita in ospedale dell'ex giornalista a Berck-sur-Mer: dal risveglio dal coma alla lenta riabilitazione, alla scoperta di un nuovo modo di comunicare. Nel cast accanto al protagonista Mathieu Amalric, hanno recitato Emmanuelle Seigner, Marie-José Crozè, Hiam Abbass, Niels Arestrup, Fiorella Campanella, Jean-Pierre Cassel, Emma de Caunes e Max von Sydow.

Persepolis 
Uscita nelle sale : Febbraio
Persepolis è il titolo di un fumetto storico /autobiografico , scritto e disegnato da Marjane Satrapi. L'opera narra la vita dell'autrice, dall'infanzia trascorsa in Iran sino all'età adulta; da un lato, Persepolis racconta soprattutto dell'Iran , dell'evoluzione e dei mutamenti che tale Paese ha subìto in seguito alla Rivoluzione Islamica, visti attraverso gli occhi prima di una bambina e poi di una donna adulta; ma racconta anche dell'Europa , del mondo "occidentale" osservato da un'adolescente costretta ad allontanarsi dal proprio Paese e da una dittatura opprimente, soprattutto verso le donne. Persepolis offre un punto di vista differente rispetto a quello dei libri di storia o delle cronache occidentali, a proposito del periodo della rivoluzione o di quello immediatamente successivo del conflitto Iran-Iraq; un punto di vista interno al Paese, vicino nel tempo e nello spazio a quegli avvenimenti, spesso triste protagonista. L'autrice, Marjane Satrapi, non è una fumettista di professione, bensì un'illustratrice di libri per bambini. I suoi disegni tuttavia risultano estremamente espressivi, e più che adatti a narrare la storia di Persepolis.
Nelle sale il racconto sarà presentato come un lungometraggio in bianco e nero, per nulla sofisticato ma semplice e per questo motivo, molto espressivo e toccante. La durata del cartone è di 95 minuti. 

Caos Calmo
Uscita nelle sale : 22 Febbraio
Regia Di Antonio Grimaldi con Nanni Moretti, Valeria Golino, Alessandro Gassman, Silvio Orlando e Isabella Ferrari
Nell'ossimoro sta l'essenza di tutto il film tratto dal romanzo di Sandro Veronesi; questo si esplica nella volontà del protagonista, Pietro (N. Moretti), di rimanere calmo mentre dentro di lui dilaga il caos interiore, quando nella sua vita improvvisamente entrerà il volto della morte con cui dovrà rapportarsi improvvisamente. A causa di questo fatto i suoi occhi vedranno il mondo in modo totalmente diverso, piomba in uno strano silenzio e mentre i suoi colleghi, amici, parenti, lo circondano raccontandogli il loro dolore, lui non dice niente. Ma dopo il caso calmo per Pietro comincia il tempo del risanamento.
Il film di Antonello Grimaldi sarà in concorso al prossimo Festival di Berlino, dal 7 al 18 Febbraio. Tra gli attori principali Nanni Moretti, Valeria Golino, Alessandro Gassman e Silvio Orlando. 

Into the wild (nelle terre selvagge)
Uscita nelle sale : 25 Febbraio
Regia di Sean Penn con Emile Hirsch, Marcia Gay Harden, William Hurt, Jena Malone 
Sean Penn racconta una vita lontana anni luce dalla reale "Way of Life" americana e lo fa attraverso l'interpretazione di Emile Hirsch, che lo stesso regista ha frequentato per quattro mesi prima di affidargli il ruolo di Christopher McCandless.
Tratto dal libro di Jon Krakauer, ispirato ad una storia vera, il film, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, parla di un ragazzo americano, Christopher McCandless, giovane neolaureato della Virginia che, in seguito al conseguimento della laurea, decide di devolvere in beneficenza tutti i suoi risparmi, di bruciare la macchina e di partire per quello che lui stesso definisce: 'l'affare Alaska'. Il viaggio è una scoperta di se stesso, una fuga da tutto quello che lui considera futile ed inutile. La società moderna, i suoi usi e costumi, i comfort che non fanno altro che limitare la propria libertà; la laurea stessa ha lo scopo di far sentire le persone falsamente realizzate indirizzandole ad un cammino già scritto, in cui il libero arbitrio è molto condizionato da fattori non necessariamente decisi dalla persona stessa.
Chi ha avuto la fortuna di vedere Centochiodi di Ermanno Olmi (2007) potrà notare molte somiglianze nella trama e nel significato. 

In Bruges
Uscita nelle sale : Marzo 
Regia di Martin McDonagh con Colin Farrel, Brendan Gleeson e Ralph Fiennes
C'è chi lo definisce il miglior film dell'anno 2008, e il motivo potrebbe essere che non è difficile immedesimarsi nei sentimenti dei due protagonisti : due individui di poca moralità in fuga a Bruges che, con il costante contatto con la gente comune, ritrovano i loro perduti valori. Certe volte lo stile di vita, gli eventi rapidi e veloci, portano a dimenticare ciò in cui si crede veramente e solo fermandosi, riflettendo, parlando con le perone semplici si può capire quali siano davvero le cose importanti per cui vivere e sperare.
Ottimi commenti sia dalla critica che dal pubblico dell' Internet Movie Data Base.

My blueberry nights (Un bacio romantico)
Uscita nelle sale : Marzo
Regia di Wong Kar-Way con Norah Jones, Jude Law e Natalie Portman
Ancora un viaggio nei sentimenti quello del regista cinese divenuto da tempo uno dei maestri del cinema. Alla sua prima prova in lingua inglese Wong Kar Wai dichiara " Talvolta la distanza tangibile tra due persone puo' essere minima ma quella emotiva enorme. Il mio film vuole essere uno sguardo rivolto a quelle distanze sotto varie angolazioni" .
In My Blueberry Nights il regista letteralmente produce vibrazioni pur non rinunciando a una ricerca estetica estremamente raffinata ma nuovamente non fine a se stessa.
"Più dolorosa è la perdita più efficace diviene la riconciliazione, a volte con se stessi e in altri casi con l'immagine che si aveva degli altri". Ma Wong Kar Wai non si accontenta solo di questo. Mette in gioco (e vedrete quanto il termine sia appropriato) la possibilità o meno di avere fiducia nel prossimo, di accettare o meno l'immagine che gli altri ci rilanciano della realtà . 

The Darjeeling Limited (Il treno per Darjeeling)
Uscita nelle sale : 14 Marzo
Regia di Wes Anderson con Owen Wilson, Adrien Brody e Jason Schwartzman.
Un viaggio in un'India colorata e pittoresca, autentica (drammatica perfino) e surreale al tempo stesso, si trasforma nell'ennesimo confronto familiare all'interno del cinema di Wes Anderson: tre fratelli immaturi, aristocratici e dispettosi si ritrovano a distanza di tempo a fare i conti col presente, cercando di guardarsi dentro e provando a confrontarsi con la figura genitoriale. Ancora una volta il regista texano d'adozione newyorkese si confronta con una famiglia problematica e disfunzionale, affetta da una noia aristocratica, shopping tra spezie e serpenti velenosi, e fugaci rapporti sessuali consumati frettolosamente nella toilette di un treno. Con spirito forse meno comico, emotivamente più distaccato, ma sicuramente più maturo, Wes Anderson costruisce ancora una volta un'opera personale ed eccentrica, facendosi aiutare per la prima volta nella sceneggiatura da Jason Schwartzman e dal cugino Roman Coppola, per mettere in piedi un nostalgico road movie familiare su tre fragili e vulnerabili uomini a zonzo. 

Pride and glory
Uscita nelle sale : 14 Marzo
Film drammatico di Gavin o'Connor, con Edward Norton e Colin Farrel; Gavin O' Connor ha firmato anche la sceneggiatura insieme a Joe Carnahan e la considera "un omaggio al padre detective di New York City": la storia infatti è incentrata su una famiglia di poliziotti che viene colpita da uno scandalo di corruzione.
Dopo "The Departed", "American Gangster" e "I padroni della notte", un' altra cupa storia di uomini in divisa blu che scava nella corruzione e in contradditori legami di famiglia. Questo tipo di genere polizieschi, che si ispirano ad una New York iperviolenta di 30 anni fa, ha un aura molto anni '70; tutto questo è accentuato grazie alla presenza di O' Connor che possiede una certa sensibilità per toni noir, grane grosse e storie operaie. 

Redacted
Uscita nelle sale : Aprile 
Regia di Brian De Palma con Patrick Carroll, Rob Devaney ed Izzy Diaz
Etichettato dai pochi americani che lo hanno visto come film di propaganda, Redacted è in realtà un esperimento, un'opera dura che vi non farà sentire al sicuro e quindi un film scomodo per i canoni hollywoodiani. La pellicola evidenzia, ancora una volta, il giusto titolo di Maestro attribuito a Brian De Palma. Lo stesso cineasta ha dichiarato che, sebbene si tratti di fiction, tutto quello che viene raccontato nel film è basato su argomenti reali: proprio come Michael Moore, De Palma si è rivolto alla gente (e perfino ai media) per trovare del materiale che nemmeno le tv potevano trasmettere.
Il film ha vinto il Leone d'Argento all'ultima Mostra di Venezia ma sono in tanti a ritenerlo il miglior film di tutta la competizione.
Dice De Palma: "Ho letto un episodio della guerra in Iraq in cui i membri di un plotone dell'esercito USA erano stati accusati di aver stupreto una ragazza di 14 anni e di aver massacrato la sua famiglia, sparando in faccia alla vittima e dando fuoco al suo corpo. Com'era possibile che questi ragazzi si fossero spinti tanto in là? Cercando le risposte a questa domanda, ho letto blog di soldati e libri. Ho guardato i video di guerra artigianali realizzati dai militari, ho navigato nei loro siti e ho esaminato i loro post su YouTube. Era tutto a disposizione e tutto su video." 

Sandrine nella pioggia
Uscita nelle sale : Aprile
Regia di Tonino Zangardi con Adriano Giannini e Sara Forseter
Un film che ha un anima noir : un senso oscuro del destino che sconvolge la vita e cambia tutte le carte in tavola. Per il regista è un film fatto soprattutto di emozioni : storie che finiscono e che nascono, passioni tenere e violente, il coraggio di abbandonare le certezze ed affrontare l'incognito.
Tutto in questo film è inconsueto, vi si legge la voglia di uscire dai canoni del nostro cinema per genere, cast ed ambientazione. 

Juno
Uscita nelle sale : 4 Aprile
Regia di Reitman con Hellen Page e Jennifer Garner
Tutto il merito va a una blogger di nome Diablo Cody che è stata scoperta da uno dei produttori mentre navigava su Internet. Colpito dal suo stile umoristico, Novick ha deciso di chiamare la scrittrice per proporle la stesura dello scritto che, per tutta la durata del film, si distingue per la sua natura ultra contemporanea e spiccatamente femminile : per ciò la sceneggiatura si caratterizza per un linguaggio molto vicino a quello che usano i ragazzi di oggi. La tematica di fondo è quella di una gravidanza inattesa, tematica molto di moda ultimamente ad Hollywood. Un'adolescente, sicura di sé e dalla lingua affilata, riesce ad avere il controllo della situazione una volta che scopre di essere rimasta incinta di un suo coetaneo. Tutte le questioni trattate (l'amore, il matrimonio, la libertà) sono sollevate e mai giudicate.
Assolutamente originale la rappresentazione dei non protagonisti. Alla notizia della dolce attesa, i genitori di Juno sfidano le convenzioni e gli stereotipi cinematografici assumendo un atteggiamento ironico e compito. 

King of California (Alla scoperta di Charlie)
Uscita nelle sale : Maggio 
Film di Mike Cahill con Michael Douglas ed Evan Rachel Wood.
Questo film semplicemente racconta la storia di Charlie, sessant'anni suonati ma con i sogni e l'entusiasmo di un adolescente, pronto sempre a partire a caccia di tesori. Nella fattispecie, Charlie è appena uscito da un ospedale psichiatrico e la figlia Miranda, 16 anni, si vedrà la vita cambiare da un momento all'altro per l'ingresso in essa del suo vecchio, ma irruente genitore.
Una delle pellicole che hanno entusiasmato la critica all'ultimo Sundance Film Festival (Utah, U.S.A.).
Opinioni prese dall'IMDb : "con questo film Michael Douglas potrebbe vincere un Oscar per ll sua formidabile interpretazione; ancora più bello di "Sideways, in viaggio con Jack" (2004)". Una nota positiva è stata anche attribuita alla colonna sonora. 

Oltre il fuoco
Uscita nelle sale : 16 Maggio 
Susanne Bier, regista Danese, dopo "non desiderare la donna d'altri" (2004) e "Dopo il matrimonio (2006), approda per la prima volta in America, riuscendo però a mantenere la genuinità del proprio stile, tanto che alla fine tutti hanno voluto sostenere il suo imput creativo. Tale personalità si concretizza nell'attenzione ai particolari (a volte anche in modo eccessivo), nel dare più importanza al sentimento che non alla descrizione iperrealistica delle cose, al non pretendere di dare forzatamente un messaggio di fondo alla propria opera, così che il pubblico spettante possa ritenersi libero di cogliere dal film ciò che desidera.
Le recensioni parlano di un film intenso in cui viene analizzato intensamente e con poesia il dolore della perdita di una persona amata ed il percorso interiore compiuto per poter sopravvivere portando dentro questo dolore. Dopo i Film "21 Grammi" e "Sin City", l'attore portoricano Benicio del Toro ritorna con una personale ed intensa interpretazione, affiancato da Halle Berry,("X-men", "Perfect Stranger" e "Cat Woman").
I due personaggi interpretati sono Jerry Sunborne e Audry Burke, i quali caratterialmente non hanno nulla che li accomuni se non il dolore e la dipendenza: Jerry (del Toro) non può vivere senza le droghe e Audrey (Berry) senza l'amore di suo marito; entrambi si apprestano a fare insieme un percorso di crescita e di disintossicazione per trovare un nuovo modo di stare al mondo.
a cura di 
Claudia Costanza. 12 gennaio 2008.

Retrospettiva su Billy Wilder.

Samuel(Billy)Wilder nacque nel 1906 a Sucha,in Austria (ora in Polonia),da una famiglia ebrea abbastanza ricca. Dopo aver completato gli studi a Vienna,intraprese la carriera giornalistica, intervistando , ad esempio, Freud e Richard Strass. Nel 1926 si trasferì a Berlino, dove si guadagnò una certa fama come cronista di nera specializzato in audaci denunce. Sostiene anche di essere stato un gigolò che intratteneva le clienti bene dell’ Adlon Hotel. Berlino era allora il centro culturale del mondo e lo stesso cinema tedesco era tecnicamente e stilisticamente il più avanzato al mondo. A parte “Menschen an Sontag”(1929),i primi film sceneggiati da Wilder furono commedie piccanti e sentimentali che lasciavano già trasparire le caratteristiche dello stile del regista, specialmente per il loro umorismo viennese, per il gioco degli equivoci e degli scambi di identità e per gli accenni all’America e a Hollywood. Wilder partì per Parigi il giorno dopo l’incendio del Reichstag nel febbraio 1933. 
Nella capitale francese vi ambientò i suoi film più affascinanti,come il suo primo film”Amore che redime”( Mauvaise graine, 1933), una vivace commedia incentrata sulle vicende di un giovane di buona famiglia traviato che si è unito a una banda di ladri d’automobili. Alla fine del film l’eroe,pentitosi,e l’eroina s’imbarcheranno per l’America.Anche lo zio Billy partì per gli Stati Uniti. In cinque anni Wilder raggiunse una posizione importante a Hollywood. Le sue sceneggiature in coppia con Brackett,”L’ottava moglie di Barbablù”( Bluebeard’s Eighth Wife,1938),”La signora di mezzanotte”( Mid-night) e”Ninotchka”, entrambi del 1939,”La porta d’oro”e”Colpo di fulmine”( Ball of fire, 1941),fecero di questa coppia gli sceneggiatori meglio pagati dall’industria cinematografica di allora. Nel film di Mithcell Leisen “La porta d’oro”(Hold Back the Dawn,1941),un gigolò,interpretato da Charles Boyer,fuggito dall’Europa dilaniata dalla guerra, attende con impazienza alla frontiera messicana un visto d’entrata per gli Stati Uniti,insieme ad altri profughi fissa a lungo il posto di confine,che consiste in un reticolato,in un ufficio immigrazione e in un’arcata su cui campeggia la scritta”Stati Uniti”,segno di benvenuto. L’arcata assomiglia alla pensilina dell’ingresso di una sala cinematografica sul Sunset Boulevard. La porta d’oro fu uno dei tanti film realizzati in quel periodo per sensibilizzare l’opinione pubblica americana sul problema della guerra in Europa. 
E’l’opera più autobiografica di Wilder,che,assieme ad altri intellettuali,come Fritz Lang,Max Ophuls,Otto Preminger e Robert Siodmak, all’inizio degli anni Trenta lasciò l’Europa per Hollywood,proprio come la scena citata della Porta d’oro lascia intendere: infatti alla fine di quel film il gigolò vende la sua storia alla Paramount. Quasi tutti i film sceneggiati da Wilder-Brackett erano diretti da Ernst Lubitsch,che ebbe proprio come unico erede il nostro Billy. Il sodalizio con Brackett terminò nel 1950 e dal 1957 suo collaboratore fisso è stato I. A. L. Diamond. I primi quattro film diretti da Wilder in America, “Frutto proibito”( The Major and Minor, 1942),”I cinque segreti del deserto”(Five Graves to Cairo,1943),”La fiamma del peccato”( Double Indemnity,1944) e Giorni perduti” (The Lost  Weekend,1945), dimostrarono grande successo di critica e di pubblico. Dal 1937 al 1954 Wilder lavorò per la Paramount e negli anni 60  realizzò i suoi grandi successi e si aggiudicò tre Oscar con “L’appartamento”(The Apartment,1960).
Negli anni Settanta la sua carriera incontrò qualche difficoltà:la Universal rescisse il suo contratto dopo“Prima pagina”(The Front Page,1974) e tornò in Europa per girare nel 1978 “Fedora”,ma il film non ebbe fortuna con la distribuzione. Nei lungometraggi del regista austriaco si legge un sentimento ambivalente nei confronti della vecchia Europa e dell’America. Le sue rievocazioni dell’Europa sono cariche di malinconia e umorismo. Esempi possono essere la Parigi nel periodo precedente l’occu-pazione tedesca in“Ninotchka”,la Vienna de”Il valzer dell’imperatore”(The Emperor Waltz,1948), la Berlino distrutta dalla guerra in “Scandalo internazionale”( A Foreign Affair, 1948) e la stessa città divisa tra il settore occidentale e quello orientale in “Uno, due,  tre”( One,Two,Three,1961). Nei film parigini il tono è sempre romantico,mentre in quelli berlinesi è severo,con in entrambi un sottofondo di nostalgia. Quei luoghi sono assai noti da zio Billy,ma essi gli sono da sfondo per valutare moralmente i suoi personaggi. Ne è una dimostrazione la capitale francese,che non è sempre ripresa dal vivo,in diretta,ma la sua atmosfera è suggerita: Wilder preferisce ambientare le scene in stanze d’albergo e per “Irma la dolce”(Irma la Douce,1963) fa ricostruire le Halles a Hollywood. Nei film sentimentali l’Europa gli fa da sfondo per rieducare gli abitanti del nuovo mondo;i protagonisti sono degli americani che,giunti in Europa,scoprono una nuova dimensione umana. E mi riferisco a”Cosa è successo tra mio padre e tua madre?”( Avanti,1972),nel quale un funzionario di Baltimora( Jack Lemmon) si reca in Italia per riportare negli Stati Uniti la salma del padre. Per complicazioni burocratiche è costretto a rinviare la partenza e ha così modo di scoprire un nuovo tipo di vita. La stessa cosa accade ad Humphrey Bogart in”Sabrina” (1954) e a Gary Cooper in”Arianna”(Love in the Afternoon,1957),personaggi tipicamente americani sono rimodellati dall’esperienza parigina. Il processo di trasformazione non funziona mai in senso opposto: in”Scandalo internazionale” e in”Uno, due, tre” gli americanissimi esercito e Pepsi Cola non riescono a imporre i loro valori agli europei. 
Gli eroi di Wilder devono scegliere tra denaro e felicità e la stima del regista e la maturità del protagonista sta nel preferire i valori umani a quelli materiali. In “La fiamma del peccato”,un classico film nero sceneggiato da Raymond Chandler, “L’asso nella manica”( Ace in the Hole, 1951),”Stalag 17”(1953),”L’appartamento”,”Baciami,stupido” (Kiss Me,Stupid,1964) e”Non per soldi…ma per denaro” (The Fortune Cookie,1966) il regista parteggia per gli individui piuttosto che per i gruppi,pur non approvando le azioni dei suoi eroi. Il Chuck Tatum impersonato da Kirk Douglas nell’Asso nella manicariesce a scuotere emotivamente una comunità apatica ,ma il costo dell’operazione in termini personali e morali è irresponsabilmente alto. Tatum è un giornalista scandalistico che prolunga la sofferenza di un uomo sepolto in un’antica caverna indiana al fine di stimolare l’assenza dei lettori. Il palcoscenico della vicenda è una remota area desertica,arida come i suoi abitanti,ove accorre la gente alla ricerca di un’eccitazione riflessa. Sebbene Tatum sia implicato nella storia – e muoia per l’imbroglio in cui si è cacciato – l’astio di Wilder è rivolto contro la folla.Il film venne proiettato in sale deserte e turbò le relazioni di Wilder con la Paramount. Allo stesso modo “Baciami,stupido”diede un’immagine così squallida della classe media americana che Wilder fu vittima di una violenta campagna di stampa. 
Solo “L’appartamento”ebbe vasti consensi forse perché la feroce critica all’etica americana del successo appare attenuata dall’amore tra le sue vittime. C.C.Baxter (Jack Lemmon) e Fran Kubelik(Shirley MacLaine) .”L’appartamento” non è una commedia brillante,ma un inquietante ritratto della solitudine urbana. Alla fine Baxter e la Kubelik si ritrovano senza casa e senza lavoro,e questo non è il più lieto dei finali. Ma in altre opere Wilder non è stato tanto critico verso l’America, basti pensare a “Aquila solitaria”(The Spirit of St. Louis,1957), una biografia di Lindbergh quasi alla John Ford ,e la classica commedia “A qualcuno piace caldo”(Some Like it Hot,1959). Non è un caso che entrambe siano ambientate nell’America degli Anni Venti. “A qualcuno piace caldo” è probabilmente il film più amato di Wilder. Jack Lemmon e Tony Curtis interpretano Jerry e Joe, due musicisti che si travestono da ragazze per scappare, dopo esser stati testimoni del massacro del giorno di San Valentino.
Una curiosità:tranne che in “Prima pagina”,”Cosa è successo tra mio padre e tua madre?”e”Buddy buddy”,Jack Lemmon si è sempre travestito,è diventato Altro da sé per Wilder:in”A qualcuno piace caldo”è una donna,in”L’appartamento” è per i vicini un grande amatore,in”Irma la dolce” è Lord X,in“Non per soldi,ma per denaro”finge di essere in carrozzella per truffare col suo socio Walter Matthau l’assicurazione. E ancora a proposito di travestimento,Wilder ha proposto soluzioni divertenti in “Frutto proibito”,con Ginger Rogers nel ruolo di una dodicenne, in “Te-stimone d’accusa”(Witness for the Prosecution,1957) con Marlene  Dietrich in un’interpretazione cockney. Il suo gioco si basa sulla chiara trasparenza del travestimento,non sulla credibilità dello stesso. Le comiche crisi di identità di Jerry, quando la parte femminile del suo personaggio prende il sopravvento in  “A qualcuno piace caldo”,sono versioni più scherzose dei tormenti di personaggi come Fedora,come Norma Desmond in “Viale del tramonto”(Sunset Boulevard,1950) e come Sherlock Holmes nella “Vita privata di Sherock Holmes”(The Private Life of Sherlock Holmes,1970).
Quest’ultimo è forse il suo più profondo e sentito studio sullo sdoppiamento nevrotico della personalità e sulla scissione psicologica tra pubblico e privato. 
In tutti i film di Billy Wilder c’è sempre un’allusione a Hollywood:”L’asso nella manica” ,ad esempio, può essere interpretato come un’allegoria sui metodi in uso negli studios e “Baciami,stupido” lo è sicuramente. Queste allusioni nascono da citazioni cinematografici o dall’uso particolare di certi attori: James Cagney, noto interprete di film di gangster,in “Uno,due,tre” applica metodi gangsterici nel commercio internazionale;William Holden e Jack Lemmon interpretano gli stessi personaggi in diversi film di zio Billy.Marilyn in”A qualcuno piace caldo”“Quando la moglie è in vacanza”(The Seven Year Itch,1955)è in sintonia perfetta col personaggio. Cecil B. De Mille e Erich von Stroheim interpretano se stessi in “Viale del tramonto”. 
Quest’ultimo e “Fedora”sono due faccia della stessa medaglia di Hollywood. Il secondo è la storia di un produttore in disgrazia,che tenta di convincere un’anziana diva ritiratosi dallo schermo a tornare al cinema:qui il regista guarda con nostalgia la old Hollywood e in modo pietoso la nuova. E Norma Desmond, parlando del cinema muto, dice: ”Ancora magnifico,no?”.
Billy Wilder è morto il 27 marzo 2002 a Beverly Hills,ma la sua genialità è ancora con noi.
di Sara Memmi. 26 Ottobre 2007.

Cary Grant, la star cockney.

Con il suo charme da perfetto gentleman, questo bellissimo, intelligente e spiritoso attore ha interpretato le commedie brillanti e i film gialli,rivelandosi impareggiabile. Tra le star symbol, è certamente l’incarnazione dell’eleganza e della simpatia. Archibald Alezander Leach nasce a Bristol, Inghilterra,il 18 gennaio 1904 da Elias James e Elsie Kingdom Leach. Quando ha nove anni, tornato a casa da scuola,sa che la madre è andata al mare,ma non è vero:è stata internata in un manicomio per malattie nervose. Abbandona la scuola a quattordici anni e si unisce a un gruppo di artisti circensi falsificando la firma paterna. Dalla Londra degli anni 20 dove  è acrobata,funambolo e attore da music hall parte per l’America. All’inizio, per guadagnare 5 dollari al giorno e 10 nei fine settimana,lavora come uomo sandwich sui trampoli dei marciapiedi di Coney Island , a New York. Verso la fine degli anni 20 comincia a frequentare il teatro ed ha delle piccole parti nelle commedie musicali.Nel 1932, a 28 anni,è notato da un produttore di Hollywood, B.P.Schulberg. In quell’anno lavora con un’altra star europea capricornina come lui, Marlene Dietrich in”Venere Bionda”( Blonde Venus)di Josef von  Sternerberg, nel ruolo dell’amante ambiguo della protagonista. 
La sexy diva di allora Mae West è colpita dalle sue doti che lo vuole in”Lady Lou, la donna fatale”( She done Him wrong,1933 di Lowell Sherman), nella parte dell’agente federale che,sotto la falsa identità del capitano dell’esercito della salvezza,indaga sul racket della tratta delle bianche, e nello stesso anno in”Non sono un angelo”( I’m no angel,di Wesley Ruggles),dove fa il playboy concupito dalla vamp. Dopo aver interpretato film senza molti pregi artistici,fa coppia con Katharine Hepburn in “Il diavolo è femmina”,nel ruolo di un truffatore cockney(Sylvia Scarlett,di George Cukor,1936)(N.D.A:l’attrice,nella sua autobiografia,rivela che fu proprio grazie a Cary Grant che conobbe durante la lavorazione di questo film Howard Houghes):questo è il primo lungometraggio che girò con la K.Hepburn,creando un sodalizio che sfornerà dei piccoli gioielli di screwball comedy,ovvero:”Susanna( Bringing up Baby,di Howard Hawks,1938),”Incantesimo( Holiday, di George Cukor,1938)e “Il diavolo è femmina”(The Philadelphia Story,1940 di George Cukor).
Negli anni 30 Cary Grant riesce a imporsi nelle commedie brillanti:nel 1937 lavora con Irene Dunne ne”L’orribile verità”( The Awful thruth ,di Leo McCarey),che narra le vicende di una coppia di divorziati ancora innamorati. In “Susanna” è un timido paleontologo,la cui tranquilla esistenza viene letteralmente sconvolta dall’incontro con una ricca e vivacissima giovane che, alla fine,dopo aver trascorso strane e spassose avventure,riuscirà a conquistarlo. Grant,da vero gentleman e anche astutamente,in questi film fa da spalla alla protagonista,ad esempio la Hepburn,permettendola di essere la forza motrice,ma al tempo stesso fa compiere al proprio personaggio un’evoluzione:il timido paleontologo diventa un uomo grazie all’impetuosa e esuberante partner.Dal punto di vista della morale dell’epoca sia Il diavolo è femmina che Susanna (che non facevano grandi incassi nei box office di allora)sono innovativi:entrambi af-frontano tra le righe il tema dell’omosessualità:nel primo si capisce che Archie Leach è attratto da Sylvester/Sylvia,nel secondo si conia addirittura la parola”gay”:il pavido professore afferma alla zia miliardaria di Susan di portare la vestaglia da donna perché è gay- ma nella versione italiana questo scambio di battute è andato perduto-.Anche Incantesimo è un ulteriore prova della sua bravura. In questo film egli interpreta il ruolo di un giovane anticonformista che si innamora della sorella della sua fidanzata,una ragazza incantevole e ribelle,che non tollera lo snobismo e le convenzioni della sua posizione sociale e,perciò,sceglie una vita più libera accanto a Cary Grant. Ma il Mito(per me lo è) sperimenta altri generi,ad esempio l’avventura:nel 1939 gira,infatti,”Avventurieri dell’aria”( Only angels have wings,di Howard Hawks)e “Giunga din”(Giunga din,di  George Stevens,pellicola tanto “cara” a Peter Sellers). Nel primo è il comandante di un gruppo di piloti postali in Sudamerica e nel secondo è un simpatico sergente britannico impegnato in India contro i Thungs. Grant lavora ancora con Hawks in “La signora del venerdì”( His girl Friday,1940)al fianco di Rosalind Russell,una commedia – da cui sono stati tratti due remake:”Prima pagina”di Billy Wilder con Lemmon nel ruolo della Russell e Matthau in quello di Cary e il bruttino “Cambio marito”diretto dal regista di Rambo Ted Kotcheff con K.Turner e B.Reynolds –in cui è il dispotico direttore di giornale ed ex marito della Russell,sua validissima collaboratrice,che con il suo carattere cinico e ironico riesce a contrastare il suo progetto matrimoniale con Ralph Bellamy,per amore e interesse.
Nello stesso anno in “Scandalo a Filadelfia” interpreta il ruolo di Dexter Haven- che poi sarà di quell’odioso di Bing Crosby in “Alta società”-ex marito della superba Tracy Lord( Katharine Hepburn),stella della buona società appartenente a una delle migliori famiglie di Filadelfia,di cui Grant,nonostante il divorzio,continua a essere innomaritissimo e che alla fine riuscirà a riconquistare:infatti nel finale si risposano e hanno come testimone di nozze un reporter(James Stewart). Sempre nel 1940 recita in”Quelli della Virginia”(The Howards of  Virginia,di Frank Lloyd)dove si trova in contrasto con la famiglia della moglie durante la rivoluzione americana. Alfred Hitchock decide di fargli interpre-tare”Sospetto”(Suspicion,1941)con Joan Fontane. Anche se il finale  è addolcito,il regista vorrebbe girare una commedia nera su un fascinoso marito che avvelena lentamente la moglie che lo adora,ma al centro della pellicola resta il tema dell’equivoco:il sorriso del marito cela  intenzioni omicide verso la mogliettina?Celeberrima è la scena del bicchiere di latte :Hitch afferma:”Avevo fatto mettere una luce nel bicchiere. Perchè doveva essere estremanete luminoso,Cary Grant sta salendo le scale e bisognava che si guardasse solo questo bicchiere”.
Una curiosità:perché nei film di Hitchcock Archie è alle prese con autovetture che percorrono le strade a forte velocità e si trovano su pericolosi dirupi?Il finale di”Suspicion”,in”Notorius”è al fianco della Bergman che guida ubriaca per le strade di Miami,in”Caccia al ladro”la famosa scena dell’inseguimento nella macchina guidata da Grace Kelly e in”Intrigo internazionale”è lui al volante dopo che James Mason e Martin Landau lo hanno costretto a bere una bottiglia di whisky.
Dopo aver girato “Ho sognato un angelo”(Penny Serenade”,1941 di George Stevens),storia di una crisi coniugale,”Un evaso ha bussato alla mia porta”(“Talk of the town”di George Stevens), dove è un presunto omicida in fuga,nel 1943 interpreta “La dama e l’avventuriero”(Mr.Lucky di H.C.Potter)e “Destinazione Tokyo”(Destination Tokyo),unico film bellico della sua carriera e prima regia di Delmer Daves.L’anno dopo è un cockney ne “Il ribelle”(None but the lonely heart)opera prima di Clifford Odets ed è diretto da Frank Capra nel bellissimo”Arsenico e vecchi merletti”( Arsenic and old lace). Nel 1946,dopo essere stato Cole Porter in “Notte e dì”(  Night and day) è nuovamente diretto da Hitch nel capolavoro”Notorius-l’amante perduta”(Notorius), storia di un uomo è costretto a cedere la donna che ama-Ingrid Bergman-a Claude Rains. Come rivela il regista,ciò che gli interessava realmente nel plot del film non è far conoscere allo spettatore la vicenda dello spionaggio,ma –e questo prende il nome di Mac Guffin – ma la storia d’amore tra la Bergman e C.Grant;infatti sono impregnate di romanticismo le battute finali:
I. BERGMAN:”Ti credevo partito…”
C. GRANT:”No,dovevo vederti ancora prima di partire. Volevo andare via perché ti amo,non potevo sopportare più di vederti con lui…
I. BERGMAN:”Tu mi ami…Perché non l’hai detto prima?”
C. GRANT:”Hai ragione…Ma non riuscivo a vedere le cose chiaramente…Ero uno sciocco che preferiva soffrire…Soffrivo da morire…”
E poi in questo film c’è il bacio più lungo della storia del cinema. Dopo aver recitato ne”La moglie del vescovo”(The Bishop’s wife,di Henry Koster,1947)al fianco del suo connazionale David Niven e ne”L’intraprendente signor Dick”o”Vento di primavera”(The Bacelor and the Bobby Soxer,di Irving Reis,1947),gira nel 1948 il grazioso”La casa dei nostri sogni”(Mr. Blandigs His dream house,di H.C.Potter,1948)e l’anno dopo regala una tra le sue migliori performance, ovvero”Ero uno sposo di guerra”( I was a male war bride)dove ancora una volta per H.Hawks indossa panni femminili.Il film è una delle più brillanti commedie americane sul sesso,con Ann Sheridan come protagonista femminile( e maschile).E’diretto per l’unica volta nel 1950 da Richard Brooks in”La rivolta”(Crisis) e l’anno dopo da Joseph L. Mankiewicz in”La gente mormora”( People will talk).
Nel 1952 incontra per la quarta volta Hawks in”Il magnifico scherzo”( Monkey Business) con Ginger Rogers e Marilyn Monroe e,poiché al centro della trama c’è un farmaco dell’eterna giovinezza,può liberare quell’esuberanza fanciullesca,tenuta discretamente nascosta. Tre anni dopo è il turno del terzo film diretto da Hitchcock”Caccia al ladro”(To catch a thief),con come partner Grace Kelly,che gli da nel loro primo incontro il bacio più erotico della storia di Hollywood:interpreta John Robie,un abilissimo ladro in pensione che torna in attività per smascherare un suo imitatore. Lavora anche con Sophia Loren in due mediocri pellicole ”Orgoglio e passione”(The pride and the passion,1955 con anche Frank Sinatra,di Stanley Kramer)e “Un marito per Cinzia”(Houseboat,di Melville Shavelson,1958)(N.d.A: perchè ha fatto questi filmetti e ha rinunciato a”Sabrina” nel ruolo poi andato a Humphrey Bogart?). Nel 1957 ritrova Leo McCarey in”Un amore splendido”( An affair to remember)con Deborah Kerr,rifatto impietosamente nel 1994 con la coppia Warren Beatty-Annette Bening,un autentico melò e incontra  per la prima volta la regia di Stanley Donen in”Baciala per me”(Kiss them for Me),da  dimenticare .Questo incontrò produrrà anche”Indiscreto”(Indiscreet)nel 1958,che riformerà la coppia Grant-Bergman:lui è un diplomatico americano e lei è un’attrice,che si innamorano,ma per evitare un legame stabile,si inventa di essere sposato. E’diretto per la prima volta da Blake Edwards in”Operazione sottoveste”(Operation Petticoat,anche produttore associato,1959)con Tony Curtis,che lo ha preso a modello nel ruolo del miliardario Shell di”A qualcuno piace caldo”.E,sempre del 1959,è per l’ultima volta diretto da Alfred Hitchcock nel piccolo manuale di perfezione che risponde al nome di”Intrigo internazionale”(North by Northwest). Inseguito da un aeroplano nella prateria,in un piccolo scompartimento ferroviario con Eva-Marie Saint,a un’asta d’arte,in fuga,quando entra in una stanza d’ospedale occupata,svegliando la giovane paziente,Grant offre il meglio di sé.Per tre quarti di questa pellicola che rimanda nel titolo a Shakespeare, indossa lo stesso abito,con la stessa classe e poco importa se ha 58 anni,portati benissimo e nel ruolo della madre di Roger Thornill,pubblicitario scambiato per un certo George Kaplan,figura Jessie Royce Landis,più giovane di lui di mesi. Indimenticabile il finale sul monte Rashmore,molto simile alla sequenza de”Sabotatori”,e l’ultima scena,con un’implicita allusione erotica.Nel 1960 recita con D.Kerr,Robert Mitchum e Jean Simmons in”L’erba del vicino è sempre più verde”(The grassi s greener,anche produttore associato di S.Donen) e due anni dopo è al fianco di Doris Day in”Il visone sulla pelle”(That touch of mink,anche produttore associato,di Delbert Mann).Il 1963 è l’anno del piccolo grande capolavoro”Sciarada”(Charade)con la grande Audrey Hepburn sotto la direzione di S.Donen. La trama è presto detta:a Parigi l’americana Regina Lampert(la Hepburn) scopre che il marito,dal quale stava per divorziare,è morto in circostanze misteriose;un gentiluomo,Peter Joshua, conosciuto da poco, aiuta la giovane a fuggire da alcuni individui poco raccomandabili che vogliono da lei un’ingente somma di danaro,che anni prima il consorte aveva trafugato. L’alchimia tra i due protagonisti è perfetta,la Hepburn vestita da Givenchy è superba e riesce a essere la partner giusta di Archie.Peccato averli visti insieme solo questa volta!
Vi cito delle scene di questo gioiellino,che ho visto 20 volte:
REGGIE:”Esiste una signora Joshua?”
PETER:”Sì,ma siamo divorziati.”
REGGIE:”Non era una proposta. Era solo una curiosità.”
PETER:”Suo marito è con lei”?
REGGIE:”Oh no,Charles non sta mai con me. Come si fa chiamare dalla gente,Pete?”
PETER:”Signor Joshua…Lieto della sua conoscenza”
REGGIE:”Ora è arrabbiato.”
PETER:”Non sono arrabbiato,ma devo preparare le valigie. Anche io torno a Parigi.”
REGGIE:”Oh.Bè,non è stato Shakespeare che ha detto:”Quando due sconosciuti si incontrano in terra lontana,presto si incontreranno di nuovo?””
PETER:”Shakespeare non se l’è mai sognato.”
REGGIE:”Lei come lo sa?”
PETER:”E’ terribile. Lo ha inventato lei.”
REGGIE:”Forse ha ragione. Proverà a telefonarmi?”
PETER:”E’sull’elenco?”
REGGIE:”Bè,c’è Charles”.
PETER:”C’è un solo Charles Lampert?”
REGGIE:”Uhm,Signore,spero di sì!”
E ancora:
REGGIE:”Sai quale è il tuo difetto?”
PETER:”No”
REGGIE:”Nessuno!”.
Lui ha 59 anni,lei 34:per non apparire ridicolo al fianco della Hepburn,chiede che i dialoghi siano ritoccati un po’,per suggerire l’idea che fosse la giovane donna a corteggiarlo. Dal punto di vista del giallo,vi sono tanti riferimenti a Hitchcock:la scena del primo bacio tra i due,ad esempio è una chiara citazione di “Notorius”.Purtroppo Jonathan Demme ha fatto un remake di questo capolavoro,”The truth about Charlie”(2003)ma mi chiudo in un”no comment”,perché ”Sciarada” è inimitabile. Nel 1964 gira”Il gran lupo chiama”(Father Grose,anche prod.assoc.) di Ralph Nelson con Lesile Caron e l’ultimo film col quale chiude la sua carriera “Cammina,non correre”(Walk don’t run,1966 di Charles Walters). A 62 anni si ritira dal cinema,forse perché a disagio con la New Hollywood e preferisce diventare azionista e dirigente della casa di cosmetici Fabergè.Muore il 29 novembre 1986,a 82 anni,a Davenport,nell’Iowa,per un colpo apoplettico poco prima di andare in scena con una replica del suo spettacolo “An evening with Cary Grant”.Ha avuto 5 mogli e una figlia,Jennifer,nata quando lui ha 61 anni. Nel libro di G.Alonge e G.Carluccio “Cary Grant-l’attore,il mito”(ed.Marsilio) e in “54”del collettivo Wu Ming si evince che Archie Leach è uno degli attori che ha segnato di più la cultura cinematografica: per il physique du role,ha saputo essere bello,intelligente,elegante:un vero uomo. Per questo motivo,è stato il modello d’ispirazione di Ian Fleming per la creazione di James Bond.
di Sara Memmi. 26 Ottobre 2007.

Il nemico alle porte: i mali del cinema italiano e il dibattito tra incompetenti.

L’ Italia si sa, è il paese della memoria corta e dell’opinione facile, la terra dei cachi dove tutti sono allenatori di calcio, tutti sono esperti di questioni giuridiche, tutti sono giornalisti, un paese dove il giornalismo reale, quello dei fatti, è scomparso da un pezzo (ammesso che ci sia mai stato), per lasciar spazio ad un’ipertrofia del gossip e alla vacuità dei commenti inutili, con il rischio concreto di non far capire nulla ai lettori e agli spettatori.
Ora questa moda tutta italiana da qualche mese a questa parte sembra aver contagiato anche il mondo del cinema, con gli addetti ai lavori indignati per le dichiarazioni – per molti versi sacrosante – di Quentin Tarantino, ma chissà perché non per quelle dell’eurodeputato Renato Brunetta, che dichiarava negli stessi tempi “che il cinema italiano fa schifo”, snocciolando le cifre in passivo della nostra industria, come se la cultura potesse essere paragonata alle salsicce, e il profitto fosse l’unica virtù da conseguire; e poi giù il dibattito con esimi incompetenti come Ernesto Galli Della Loggia su Corriere della Sera e altri a pontificare sulle qualità artistiche di registi e film nostrani, aiutati dalla sciagurata selezione dell’ultima Mostra di Venezia; e infine ci ha messo il carico da novanta il cosiddetto movimento dei “Centautori”, che prima lusingano il governo per un disegno di legge che sembrava soddisfarli, salvo poi ritrattare e accusare l’antica nemica di sempre, la televisione che non da abbastanza soldi.
Ora è bene fare un po’di chiarezza sullo stato di salute reale in cui versa il nostro cinema, innanzitutto da un punto di vista produttivo. I problemi sono sempre gli stessi, e nessuno sembra volerci porre rimedio: pochi produttori, che devono sistematicamente ricorrere agli aiuti dello Stato tanto esecrati da Brunetta & Co, una distribuzione ancora più affogata, che replica sostanzialmente lo stesso duopolio televisivo, senza contare tutta una serie di lobbies (politiche, ma anche artistiche) che di fatto rendono inaccessibile il mercato ai giovani. Il risultato, netto chiaro e indiscutibile, sono una media di 80-90 pellicole prodotte nel nostro paese (a fronte dei 300 degli anni Settanta), con poche pellicole di successo al box office, per lo più concentrate nel periodo che va da Natale ad Aprile, una marea di pellicole invisibili, mal distribuite o peggio mai finite e/o iniziate, pochissime coproduzioni e soprattutto esportazioni, da cui il passivo di cui sopra.
Ma anche da un punto di vista artistico non sono tutte rose e fiori: se la qualità media delle nostre pellicole si è elevato, con punte anche ottime, la scomparsa del cinema di genere ed un appiattimento di un ben poco coraggioso cinema d’autore politically correct, ha prodotto – caso più unico che raro – una “non industria” che fa solo le pellicole cosiddette impegnate, che vede coinvolti sempre gli stessi registi e attori, possibilmente usciti fuori dal Centro Sperimentale di Cinematografia o dalla Silvio D’Amico, con ognuno che si fa il suo film (alla faccia del cinema come opera d’arte collettiva) e tanti saluti alla possibilità di ricreare un rapporto con il pubblico di fidelizzazione continua, e non legata alla stagionalità dei nostri cavalli di battaglia (non sia mai stanno fermi troppo tempo i vari Ozpetek, Muccino, Salvatores, Lucchetti, Tornatore, etc…).
Basterebbe ammettere che negli ultimi venticinque anni il cinema italiano è andato in tilt perché non si è mai ripreso dal boom della televisione – e molti nostri film sono lì a testimoniarlo – che oltretutto è di qualità decisamente mediocre, anche nella tanto decantata fiction; e basterebbe redistribuire meglio le risorse dello Stato, magari destinando 1/3 alla produzione, 1/3 alla distribuzione e 1/3 al marketing (orrida parola in Italia!!!) per zittire gli stolti Brunetta e Della Loggia e soprattutto avere un vero apparato industriale. Ma forse le cose non le si vogliono cambiare perché non conviene a nessuno, non ai politici che possono continuare a rinfacciarsi gli errori e le colpe l’un l’altro, certamente non a RaiCinema e Medusa, che hanno tutto l’interesse a non far entrare altri concorrenti nel mercato, ma forse – e questa è la cosa peggiore per noi spettatori – neanche agli artisti, agli attori, ai registi, a tutti coloro che continuano a perpretare la mediocrità di vedute e ambizioni, in difesa della loro intoccabilità di maestri (venerati da chi poi?), a scapito di un’industria cinematografica che un tempo era la migliore del mondo. Ma in fondo siamo pur sempre la terra dei cachi.
di Giulio Ragni. 22 Ottobre 2007.