mercoledì 21 gennaio 2009

TROY (di Wolfgang Petersen, 2004).


"DIVERGENTE" - Raffigurare vicende del Mito, in questo caso la leggendaria guerra di Troia, sul grande schermo non è impresa semplice. E' per questo motivo che i tentativi non sono frequentissimi, specie negli ultimi anni. Uomini (anche se sono grandi eroi) seminudi a battagliarsi con legni spade e lance non sono, cinematograficamente parlando, semplici da esaltare. Raccontare le gesta di Achille è qualcosa che nasce nella Notte dei Tempi, ma come fare oggi a portare (senza offendere le meraviglie antiche) il mito di Achille sullo schermo? L'unica via che il kolossal americano di Petersen ha è quella della mega-costruzione densa di effetti speciali. Paradossalmente quello che vorrebbe essere il punto di forza di questo Troy (gli effetti computerizzati), è il primo a cadere: è troppo vicino il trionfo visivo della trilogia di Jackson per non vedere elfi, nani e hobbit come greci e troiani in quelle distese di piccoli omini armati... Continuando sul paradosso sembra che la regia abbia curato puntigliosamente i due eroi-nemici: Achille è il biondo e muscoloso Brad Pitt che riesce a vestire i panni dell'eroe greco senza eccessi e senza grosse lacune; anche il buon Eric Bana alias Ettore il troiano emana un certo fascino. Quello che è inesorabilmente destinato a lasciarci (basiti) a bocca aperta è la dimenticanza di altrettanta sensibilità per i personaggi secondari-ma-non-troppo, come quel Paride un po' troppo stupidotto che, degno passaggio di testimone, nel finale affida la Mitica spada di Troia ad un altro stupidotto (che passa di li per caso), uscito forse da una mediocre fiction nostrana, che dice di chiamarsi Enea ... che il sommo Virgilio non riesca mai a vedere! Qui sta la ineludibile divergenza nel giudizio di Troy. Tralasciando le licenze che la sceneggiatura si prende dal mito, alcune accettabili, altre necessarie, altre ancora assurde, il film riesce in alcune parti e in altre decisamente no... ma parlando di storie Assolute e Irrangiungibili, alla fine si fa comunque guardare.
Giudizio: (legenda)
di Matteo Bursi, 17 Aprile 2007.

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