domenica 19 aprile 2009

BOBBY (di Emilio Estevez, 2006)

"DOLCE RICOSTRUZIONE DEL SOGNO SPEZZATO" - E’ una delle pagine nere della storia d’America. Gli Stati Uniti avevano già perso JFK e Martin Luther King. Il sogno si spezzò quando Robert F.Kennedy venne ucciso il 6 giugno 1968 all’hotel Ambassador di Los Angeles. Emilio Estevez, alla sua prima grande regia (è anche attore nel film), affronta con coraggio l’assassinio del senatore in cui gli States riponevano le proprie speranze per un futuro migliore. Per il regista newyorchese, figlio di Martin Sheen (che recita nel film), si trattava di un’impresa dura. L’ha affrontata con coraggio e la sua carrellata di ventidue vite da immortalare all’hotel della tragedia si può considerare riuscita in pieno. Non è una biografia, è uno spaccato delle ultime ore della vita di Robert Kennedy (ma per tutto il film sarà per tutti Bobby) visto attraverso gli uomini, le donne, gli eventi, le speranze e le problematiche dell’Ambassador. L’intreccio delle ventidue storie è complesso, Estevez ha però dalla sua un cast all-star che non si vedeva da un pezzo, e che aiuta lo spettatore identificando volti noti e stranoti nei molti personaggi del film. Così ci troviamo di fronte a un Anthony Hopkins portiere in pensione che non riesce a lasciare il suo posto all’hotel. Sarà proprio lui a ricevere il senatore all’Ambassador. Per non parlare di Sharon Stone in versione parrucchiera tenace-moglie tradita, una dimostrazione di forza che mancava da un po’... Demi Moore cantante in crisi di alcool, Helen Hunt aristocratica più attenta alle scarpe che al marito, Laurence Fishburne cuoco saggio alle prese con una multietnica cucina (spicca tra gli altri Freddy Rodriguez), William Macy direttore dell’albergo con una relazione extraconiugale e ancora Cristian Slater al suo ennesimo ruolo da cattivo, ma sotto sotto non lo è totalmente, Joshua Jackson maturato e perfetto politico, Elijah Wood post-Frodo che sposa una discreta Lindsay Lohan per non andare in Vietnam, Heather Graham centralinista amante del capo e come detto la famiglia Estevez: Emilio è il marito frustrato della Moore e Martin Sheen è sposato con la sofisticata Hunt.
Un puzzle difficile che riesce a risultare semplice e avvincente. Ci accompagna per tutto il film la (grande) figura di Robert Kennedy, le sue parole, i suoi discorsi, il suo volto. Non è una biografia, è un omaggio. Un omaggio multirazziale ad un sogno americano spezzato. Difficile dividere il fascino documentaristico-storico di Kennedy dall’opera di Estevez, il regista ci ha lavorato per anni e quello che ci lascia è un’opera eccellente.
Quello che Bobby rappresentava per tutti coloro che credevano in lui, rimane nel sorriso del giovane Dwayne, futuro segretario dei trasporti, all’uscita del suo primo incontro con il senatore Kennedy. Splendida la sequenza con in sottofondo Sound of Silence di Simon & Garfunkel. Emozionante!
Giudizio (legenda).  
di Matteo Bursi, 26 gennaio 2007.

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