domenica 19 aprile 2009

THE NEW WORLD (di Terrence Malick, 2006)

"NON RIUSCITO" - Misterioso e imperscrutabile, elusivo e solitario, Terrence Malick, con una manciata di film in trent’anni, è diventato un regista dal culto assolutamente meritato, così lontano dalle mode di Hol-lywood come dagli stereotipi dell’autore all’europea. Dispiace perciò ancora di più constatare che The New world è un film sostanzialmente non riuscito, perché se è vero che l’arte e la filosofia, attraverso la sensibilità e il raziocinio, illuminano la vita di noi comuni mortali grazie alla loro capacità di vedere la realtà profonda delle cose, per Malick, che è artista e filosofo insieme, la banalità del “messaggio” del film è una colpa grave.
Tecnicamente monumentale, lentissimo ed estenuante, The New World mette in scena l’eterno scontro tra natura e cultura, tra l’ordine primigenio dell’esistenza e la civiltà che annichilisce ogni cosa, riprendendo la leggenda di Pocahontas, che già aveva ispirato la Disney, al fine di sviscerare le contraddizioni che hanno portato alla scoperta di un Eden vagheggiato e irrimediabilmente perduto. La prima mezz’ora è straordinaria, con l’arrivo degli inglesi, la bellezza arcana delle immagini, tra fiumi maestosi e suggestivi tramonti, e l’incontro fra le opposte culture, raccontato con minuzia da antropologo. Poi qualcosa non torna, il substrato metaforico si fa forzatamente didascalico, e an-che stilisticamente non tutto funziona. Se la scelta di narrare la storia d’amore tra Pocahontas e il capitano John Smith con sguardi pudici e carezze innocenti è felice, così come anche le (rare) scene di battaglia anacronisticamente prive di dettagli sanguinolenti, le voci off dei protagonisti, in una sorta di sinfonia interiore, che tanto bene avevano reso ne La sottile linea rossa, alla lunga stufano, e cadono talora nel ridicolo, e lo stile sin troppo estetizzante rischia di trasformare le belle immagini in uno spot del National Geographic. 
di Giulio Ragni, 18 gennaio 2006.

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Replica a "non riuscito" - La caratteristica di Malick regista è forse quella di dare ai suoi personaggi una visione introspettiva per poi esternare i loro sentimenti ed emozioni, paure e angosce, per meglio coinvolgere lo spettatore e farlo sentire parte della situazione. Ce ne ha dato una buona prova con "La sottile linea rossa" che con questo nuovo film ha in comune la lunga durata e le scene di forte emotività. Avendo visto il trailer ci si aspettava forse un capolavoro fatto di grandi scene d'azione e dal forte pathos con momenti toccanti e dolci tra i protagonisti. Bisognerebbe forse vederlo 2 volte per comprenderne il pieno significato e le varie sfumature che esso assume. L'inizio è alquanto coinvolgente infatti e fa sperare in un ottimo prodotto destinato a diventare un colossal ma a lungo procedere si avverte una sgradevole sensazione di suspance in attesa del momento di una svolta caratteriale che il film non prende mai. La trama si fa più complicata e rimanda a situazioni difficili per i personaggi che non aiutano parlando il meno possibile e lasciando gran parte alla comprensione soggettiva dello spettatore. Permangono invece le immagini con sfondo la natura incontaminata degne di un documentario che a lungo andare portano alla noia di stare seduti e fanno cadere gli occhi prima incollati allo schermo. La lunga durata certo non aiuta per il godimento e l'approvazione della pellicola da parte del pubblico.   

di Boris Fietta, 10 febbraio 2006.

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