mercoledì 18 febbraio 2009

INTOLERANCE (di David W Griffith, 1916)

Intolerance è stato uno dei primi film muti in grado di esprimersi con tecniche narrative multiformi, ben coordinate, tali da avvicinare il cinema  ai più diffusi dispositivi del romanzo. 
Il film esce nel 1916, a breve distanza di tempo dal successo di Nascita di una nazione, un’opera  quest’ultima grandiosa e originale che scava sui più brutali disordini razziali avvenuti al termine della guerra di secessione americana; un film dai tratti epici che per la prima volta dimostra  quanto il cinema possa influire  sui movimenti di opinione portandoli a forme di manifestazione anche di una certa gravità.  Nascita di una nazione è una pellicola analitica, sull’incomunicabilità tra razze, ben costruita, non sempre però onestamente interpretata da alcuni critici dell’epoca che hanno finito per renderla oggetto di facili strumentalizzazioni  razziali e xenofobe, talmente gravi da mettere Griffith in guai seri. Il regista americano sarà costretto per scagionarsi dall’accusa di razzismo, a girare subito dopo Intolerance un film che si inoltra nei meandri più oscuri dell’intolleranza. 
Nascita di una nazione creò delle vere e proprie manifestazioni di piazza contro Griffith, accusato di giustificare con il film tutte le vessazioni  subite dalla popolazione nera,  subito dopo la guerra di secessione, da parte del Klu Klux Klan. A causa dei contenuti del film vi furono a Boston e a Philadelphia  duri scontri tra dimostranti e polizia, che provocarono perfino alcune  morti e numerosi feriti.  Inoltre in una metropoli americana, un ragazzo bianco rimasto fortemente influenzato dal film, all’uscita dalla sala ha ucciso un giovane nero. Il film, con la sua carica suggestiva e la straordinaria penetrazione mediatica, favorì addirittura la ricostituzione della vecchia organizzazione punitiva del Klu Klux Klan.
Intolerance al contrario è una pellicola che  descrive con precisione e notevole veemenza alcune reiterate atrocità prodotte nella storia dell’uomo dall’intolleranza e dall’odio, condannandole apertamente a più riprese. Il film esce nelle sale in un momento storico assai difficile in cui tutto ciò che riguarda la normale vita dei cittadini sembra possa precipitare da un momento all’altro  verso un’esistenza caotica,  insolita, dalle sempre più fosche e tragiche attese.
L’Europa   è già in guerra,  con numerosi conflitti che la rendono arroventata di lutti e gli Stati Uniti stanno per prendere decisioni importanti, che li porteranno in breve tempo a  intervenire al fianco degli alleati europei (Francia, Gran Bretagna, Italia). Il film di Griffith risentirà molto del sanguinoso contesto storico in cui viene prodotto, difatti gli abituali spettatori cinematografici, assillati  da grosse preoccupazioni per l’immediato futuro,  preferiranno vedere film spensierati o evasivi anziché assistere a situazioni che mostrano gli effetti più efferati della violenza. Le grandi ambizioni di  Intolerance verranno  perciò frustrate dagli incassi, che non riusciranno a coprire neanche i costi di produzione. Per realizzare Intolerance sono stati necessari più di 2,5 milioni di dollari, di cui una parte sborsati dallo stesso Griffith; l’insuccesso commerciale  farà fallire il produttore e porterà  il regista americano ad  una umiliante condizione debitoria che renderà amaro il resto della sua vita.
Intolerance è un’opera indimenticabile, ipnotizzante, in cui per la prima volta le folle in movimento degli scioperi diventano protagoniste per lungo tempo di scene chiave  dando alla fotografia cinematografica un potere irresistibile, nuovo, capace di  competere con tutte le arti del raccontare. Il film  influenzerà i maggiori teorici cinematografici russi del momento come Ejzenstein, Pudovkin, Kulesov  suggerendo inquadrature e modi di montare la pellicola del tutto inediti che ritroveremo in alcuni  film seguenti, sempre  di quegli anni, come  La corazzata Potemkin e Sciopero, entrambi di Ejzenstein. Per Intolerance furono usate più di 5.000 comparse e 100 kilometri di pellicola. Gli imponenti  addobbi scenici e la costruzione di giganteschi mezzi a sostegno delle riprese, tra i quali una vera e propria ferrovia addetta al trasporto dei materiali per le scene e delle comparse, hanno rappresentato per l’America   di allora un segnale di progresso industriale della  settima arte, di forti investimenti in un paese dai miti facili ma sempre desideroso di crescere culturalmente. 
Alcune colossali scene di massa, riprese dall’alto, sono state girate con la telecamera sistemata in un pallone aerostatico, da un’angolazione capace di favorire una  composizione fotografica diversa  che immetteva sullo schermo piani di ripresa inediti, lontani sempre più da quelli tipici, estremamente semplificati del teatro.Intolerance richiama per stile alcuni film italiani prodotti tra il 1912 e il 1915, come Cabiria di Giovanni Pastrone, pellicole di grandi scenari e costumi storici,  già ricche di  interessanti assemblaggi fotografici e di un pathos  straordinario di chiara derivazione teatrale; Cabiria, uscita nel 1914, è stata sceneggiata da Gabriele D’Annunzio. 
Intolerance è un film speciale, dalle  intonazioni suggestive continuamente  elevate, di profondo impatto emotivo, dove delirio mistico e razionalità si alternano quasi perfettamente in un valzer di situazioni dal sapore  sempre rapsodico e seducente. Il film è portatore di un messaggio etico coinvolgente che tende, per la sua stessa caratteristica  costitutiva, a divenire universale,  mettendo in primo piano la grave questione dell’odio manifestatasi in varie epoche attraverso l’impeto dell’intolleranza verso il diverso e la prevaricazione feroce delle istituzioni sull’individuo, in particolare su quello ritenuto perdente che  di solito coincide con il socialmente debole o l’emarginato dalla società. 
Il film si inoltra  nel passato più remoto della storia esaminando  un arco di tempo piuttosto ampio che va dal 535 a.c. al secondo decennio del ‘900,  epoca quest’ultima in cui Griffith girò il film.
Griffith porta sullo schermo  quattro  storie parallele,  raccontate in modo alternato che rimangono separate fino alla fine, unite per tutta la durata del film solo da un duplice filo conduttore comprendente da una parte l’odio e l’intolleranza e dall’altra  l’amore e la carità. Ciascuna vicenda viene narrata con attori diversi. 
Dapprima il racconto è lento, semplice, facile da seguire, per poi accelerare  in significato e composizione degli intrecci con riprese   brevi ma veloci, dal contenuto sempre più drammatico, che  sfociano verso  un finale  ricco di suspense dove trionfano sia l’odio sia l’amore, in una loro ripartizione equa tra i personaggi del film che lascia  intendere  come sia difficile trovare una soluzione a un problema come quello dell’intolleranza, in grado di presentarsi con vesti sempre diverse e travestimenti psicologici complicati che esortano anche ad accettarla in funzione di un demonistico e ambiguo piacere.
Nel film si possono ammirare  importanti  invenzioni, quali il montaggio parallelo e quello alternato che consentono di seguire tutte e quattro le storie con una curiosità sollecitata all’estremo e una leggerezza  poetica incantevole. 
L’iride e il mascherino già usati in altri film confermano in Intolerance la loro utilità, sottolineando con la loro applicazione  su alcuni particolari filmici quali le immagini decisive  per comprendere la trama, l’importanza  che essi assumevano nel film muto. L’accompagnamento musicale per pianoforte e orchestra dà grande tono al film rendendo certe situazioni fortemente melodrammatiche. Numerosissime le pagine di sovraimpressioni scritte, tali da dare l’idea di un libro, la loro lettura è un po’ faticosa ma indispensabile per seguire con maggior scorrevolezza gli episodi del film.
Una delle storie di Intolerance si riferisce ad alcuni episodi della vita di Gesù, dal miracolo della trasformazione dell’acqua in  vino durante il matrimonio degli sposi di Cana in Galilea, alla passione e crocifissione di Cristo nella collina del Golgota a Gerusalemme; un’altra si svolge nel 1572, anno in cui fu eseguita su ordine del re Carlo IX, sotto l’influenza della sorella Caterina de Medici, la strage del movimento  protestante degli ugonotti, nota come la notte di San Sebastiano. La terza storia si cala negli ultimi giorni di Babilonia,  intorno al 539 a.c., mostrando la sconfitta di Ciro da parte dei babilonesi e la successiva rivincita del condottiero persiano che grazie al tradimento di alcuni sacerdoti, che adoravano un altro Dio, conquisterà la città. La quarta è ambientata intorno al 1916, anno in cui è uscito il film, e mostra da una parte l’ascesa politica del grande movimento moralista delle donne, con tutte le  loro discutibili  prese di posizione verso il magnate dell’industria Jenkins e i figli delle famiglie disagiate, dall’altra le difficoltà dell’ attività produttiva americana che scaricava  la crisi sui lavoratori  e le loro famiglie. Il film analizza tutti gli aspetti della crisi economica, anche le sue conseguenze nelle famiglie, osservando, attraverso una coppia di poveri innamorati che subiscono numerosi maltrattamenti sia da parte delle istituzioni sia da alcuni malavitosi, i suoi effetti più significativi nella vita privata.
Dal punto di vista un po’ più filosofico si può sostenere che questa opera di Griffith rappresenti  il tentativo di dare al cinema un potenziale istruttivo nuovo, non solo strettamente narrativo, scheletrico, ma anche concettuale, mostrando l’intolleranza nelle sue molteplici sfaccettature interpretative, in quella profondità più misteriosa che la costituisce, lontano quindi da ogni valutazione empirica o fantasiosa.
Giudizio (legenda).
di Biagio Giordano. 11 Gennaio 2009.

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