
interne alla ricerca del benessere e di un posto fisso nella Milano del boom. Nel 1965 il regista rende omaggio a un illustre conterraneo, papa Giovanni XXIII, con la pellicola E venne un uomo. La definitiva affermazione di Ermanno Olmi deve attendere altri tredici anni, arriva il 1978 e con la Rai di Paolo Grassi a produrre viene realizzato L’albero degli zoccoli. Palma d’oro a Cannes ’78. Olmi condensa in quest’opera tutto sé stesso: la natura, la campagna e la fatica della gente comune, quella rimasta ai lati del progresso industriale italiano. Girato interamente nella campagna bergamasca e recitato in dialetto locale dalle genti del posto, si configura come un affresco lirico della vita rurale in un tempo a noi non poi così lontano. Nel 1982 fonda a Bassano del Grappa (Vi) una scuola di cinema. Sei anni più tardi realizza La leggenda del santo bevitore, è la prima volta che il regista bergamasco si cimenta su un soggetto preesistente (è tratto dal romanzo di Joseph Roth), con il quale si aggiudica il Leone d’Oro a Venezia. Dieci anni dopo Cannes, Olmi entra nel ristrettissimo club di autori premiati sia in laguna che sulla croisette. Trascorrono diversi anni e ritroviamo nel nuovo millennio un nuovo capolavoro di Ermanno Olmi: si tratta de Il mestiere delle armi, una eccellente ricostruzione della vita di Giovanni dalle Bande Nere. La cinepresa non ha paura di affrontare le nebbie e i bui degli interni, i dettagli sono ancora una volta curati nei minimi particolari. Dopo Milano e Bergamo, Olmi prosegue il suo omaggio alla natia regione e va a girare a Mantova, sempre nelle campagne, dove tornerà qualche anno più tardi per girare anche Centochiodi. Quello che colpisce nel cinema di Ermanno Olmi è il suo irrefrenabile desiderio di andare dove solitamente il cinema italiano non va: nelle campagne, tra le nebbie, nei campi, nella ruralità che non è ancora scomparsa. Una parte del nostro Paese solitamente lontana dal grande schermo, e Olmi la rappresenta, la esalta, con poesia e passione. Non ha mai amato affidarsi a volti noti del cinema nazionale, salvo qualche caso eccezionale, preferendo mettere attori non professionisti al centro delle sue storie e ha fatto anche da operatore in quasi tutti i suoi film. E’ nato da una famiglia contadina e il suo cinema è un immenso, smisurato, poetico, omaggio alle proprie origini.
di Matteo Bursi, Aprile 2007.
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