mercoledì 18 febbraio 2009

TEMPI MODERNI (di Charlie Chaplin, 1932)

Chaplin considerava i film sonori come la rovina”dell’arte più antica del mondo,l’arte della pantomima,in quanto distruggono la suprema bellezza del silenzio”.Tempi moderni ,infatti,benché realizzato in pieno sonoro,è ancora concepito come un film muto. Esiste sì una colonna sonora ma è completamente atipica rispetto ai film parlati al 100 %,la cui moda era stata lanciata da Hollywood: in Tempi moderni hanno spazio musica e rumori,voci che fanno da sottofondo ma non dialoghi veri e propri; ma non dialoghi veri e propri;lo stesso Chaplin,il protagonista,farà udire la sua voce (per la prima volta dallo schermo) esibendosi in una filastrocca priva di senso. 
Tempi moderni rappresentò anche l’ultima apparizione sullo schermo di Chaplin nelle vesti di Charlot, il piccolo vagabondo con il cappello a bombetta troppo stretto, le scarpe troppo grandi,la giacca striminzita,i calzoni troppo larghi e col bastone da passeggio che simboleggiava un perduto benessere. Ecco la trama: Charlot è un operaio alla catena di montaggio;il suo lavoro consiste nello stringere i bulloni che passano sul nastro trasportatore. Viene anche utilizzato come cavia per sperimentare un nuovo metodo destinato a incrementare la produttività: un macchinario che nutre automaticamente gli operai mentre questi lavorano. 
Charlot non resiste,dà in escandescenza tanto da venir ricoverato in manicomio. Dimesso,si trova disoccupato e,quando per pura cortesia raccoglie una bandiera rossa caduta da un camion,viene arrestato perché ritenuto un pericoloso sovversivo. In carcere, sempre per caso,impedisce un’evasione e così viene rimesso in libertà. La vita fuori dal carcere è talmente dura che Charlot finisce per rimpiangere quel periodo di reclusione e tenta in ogni modo di farsi nuovamente arrestare. L’occasione gli viene offerta dal furto di una pagnotta ad opera di una “monella” (Paulette Goddard) con la quale,dopo varie peripezie,decide di convivere. Egli trova un impiego come guardiano notturno presso un grande magazzino ma il tutto si risolve in un disastro e Charlot viene messo in carcere. Dopo questa parentesi fa ritorno in fabbrica,ma anche qui a causa di uno sciopero resta di nuovo senza lavoro e si ritrova sulla strada . Nel frattempo la simpatica monella è divenuta ballerina in un locale notturno e fa in modo che Charlot venga assunto come cameriere e cantante. Anche questo nuovo impiego si conclude in modo disastroso e quando giungono degli assistenti sociali che vogliono prendersi cura della monella. Charlot e la giovane sono costretti a fuggire:l’ultima inquadratura del film li mostra mentre camminano mano nella mano lungo una strada di campagna. 
Il film fu accolto con molta perplessità dai critici del tempo. Ma l’arte di Chaplin sopravvisse alle critiche;la qualità principale del film è il suo essere fuori dal tempo; in”Tempi moderni”sono raccolte alcune delle più riuscite prove di Chaplin attore. W.C.Fields, per insultarlo, lo definiva”il miglior ballerino sulla scena” e lo è: le sequenze iniziali,quando Charlot è ripreso al nastro trasportatore della catena di montaggio, sono coreograficamente perfette. Un solo attimo di distrazione per cacciar via una mosca impertinente determina il caos nell’intero reparto. Quando Charlot cade nel delirio più completo,si esibisce in una pazza danza dal ritmo perfetto:le chiavi inglesi,da strumento di lavoro,si trasformano in arnesi demoniaci che avvitano qualunque cosa assomigli,seppur lontanamente ad un bullone,come i bottoni del cappotto di una signora. 
Nella sequenza del refettorio della prigione,quando,dopo aver reso più saporito il cibo spargendovi sopra una massiccia dose di droga,scambiata per sale,Charlot si esibisce in frenetiche piroette accanto alla fila dei carcerati,o raggiunge punte di altissimo virtuosismo acrobatica danzando sui pattini ai grandi magazzini. 
Il genio di Chaplin raggiunge la massima espressione quando Charlot raccoglie la bandiera rossa che serviva a un autocarro per segnalare la sporgenza del carico e cerca inutilmente di raggiungere l’automezzo per riconsegnarla,ignaro del fatto che egli ha incrociato una massa di dimostranti i quali lo seguono quasi fosse il capo. E’una delle più grandi rappresentazioni simboliche di un essere umano vittima del proprio destino.
Giudizio (legenda).
di 
Sara Memmi.  4 dicembre 2007.

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