giovedì 16 aprile 2009

AL PRIMO SOFFIO DI VENTO (di Franco Piavoli, 2002)

L'ostacolo più grande per chi voglia conoscerlo è riuscire a rintracciare un suo film, ma quando si ha l'opportunità di assistere ad una pellicola di Franco Piavoli si entra in un mondo incantevole.
Al primo soffio di vento parte nel momento in cui la famiglia termina un pranzo, è seduta a tavola: c'è silenzio e riposo. Due situazioni dal quale il cinema di solito sfugge, ma Piavoli riesce a riprenderle, sottolinearle, esaltarle. E' un cinema dei tempi dilatati, o più semplicemente, dei tempi reali. Un cinema lontano dagli schemi tradizionali correnti. Un cinema del colore e delle belle immagini, come un robusto uomo di colore che fa rotolare balle di fieno sotto un sole cocente in una distesa color ocra.
Le note di un pianoforte, una composizione floreale, dipinti e poesie, una ricca biblioteca da cui estrarre un libro da leggere nel proprio studiolo da umanista per dare a questa pellicola (e a questo cinema) un'Anima alta. La stessa Anima che ha bisogno di andare fuori di casa, magari a farsi un tuffo e nuotare nelle acque delsuo fiume, dove una ragazza trova lo sguardo del suo primo amore. La stessa Anima che esce, cammina, prende un azzurro treno di provincia e si ritrova, spaesata, nella sala d'attesa affollata di pensieri.
E l'anima del regista, di questo unico regista nel panorama cinematografico italiano attuale, che conduce lo spettatore lungo questo susseguirsi di immagini, ricordando (e riprendendo) che sotto il sole cocente, anche gli animali riposano accaldati. 
In generale Al primo soffio di vento si può considerare un film sulla solitudine e sulla malinconia del vivere dell'uomo occidentale. Una profonda riflessione, quella di Piavoli, che affianca a questa nostalgia della solitudine, la vitalità degli immigrati che ancora non hanno conosciuto il benessere. Il film non è però tutto qui. Non è possibile racchiuderlo in qualche formula. 
La sequenza dell'incontro al fiume tra la ragazzina dai capelli rossi e il ragazzo che nuota è l'incontro di lei con l'Amore. E', per Piavoli, la riproposizione dell'incontro tra Giasone e Medea cantato da Apollonio Rodio nelle Argonautiche. "Rimase immobile. [...] Si guardavano, muti senza parole, l'uno vicino all'altra, come le querce che hanno radici nei monti e sono immobili. Ma al primo soffio di vento si agitano e sussurrano senza fine.
Giudizio½ (legenda).
di Matteo Bursi.  23 ottobre 2007.

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