domenica 19 aprile 2009

MARY (di Abel Ferrara, 2005)

"BUIO MA NON TROPPO" - Quanto può essere forte il bisogno di fede di un individuo? Parte da questa premessa l’ultimo film di Abel Ferrara, gran premio della giuria alla 62esima Mostra di Venezia. Le storie di un regista che gira un film scandalo sulla vita di Gesù, dell’attrice che impersona Maria Maddalena, e di un famoso anchorman televisivo, sono il pretesto per un saggio-inchiesta sui molteplici modi di rapportarsi a Dio e alla religione, dove però le emozioni contano molto più dei concetti e delle teorie. Il cinismo del regista, l’indifferenza del giornalista, il turbamento emotivo dell’attrice sono solo l’abbrivio per un cammino verso la fede non privo di ostacoli, dove ognuno dei protagonisti attraverserà un personale percorso di dolore per approdare ad una faticosa salvezza. Spezzoni del film nel film alternati ad interventi di autentici esperti di questioni religiose, ardite libertà di montaggio, carrellate fulminee, ossessivi inserti sonori che squarciano il silenzio: l’anarchia formale riflette perfettamente il caos e la confusione dei tempi moderni, uno stile convulso e ipnotico che procede per accumulo di idee e immagini, affrancandosi da qualsiasi rigida struttura narrativa. Il nuovo Ferrara è passato per film assai discutibili (Blackout), o completamente fallimentari (New Rose Hotel), prima di ottenere il risultato che si era prefissato, e sequenze come quelle degli attacchi dei fondamentalisti, o quella in cui Forest Whitaker, analogamente all’Harvey Keitel del Cattivo Tenente, rivela tutta la propria umana fragilità in chiesa al cospetto di Dio, non si dimenticano facilmente.
Il buio, da sempre uno dei connotati stilistici preferiti dal regista, invade lo schermo sin dai titoli di testa, ma rispetto al passato c’è una maggiore serenità, l’attesa di una luce che illumini i percorsi esistenziali e dia un senso alle angosce dei personaggi. L’uomo che più di chiunque altro è andato a fondo nel descrivere l’abiezione umana, e nell’esplorazione del Male che ne governa le azioni, ci regala una possibilità di redenzione in un’opera complessa, inquieta, e imbevuta di autentica passione e commozione.  
(½)
di Giulio Ragni, 21 novembre 2005.

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