Memore della lezione viscontiana de La caduta degli dei e del bellissimo Il portiere di notte di Liliana Cavani, anche Tinto Brass cerca di rievocare indirettamente con questo suo film le atrocità e la follia del Terzo Reich, confezionando un melodramma a sfondo erotico dove l’iconografia nazista, dei costumi e delle scenografie, incontra l’ossessione del regista veneziano per il corpo femminile e il meretricio.
Apparentemente derivativo, Salon Kitty è in realtà un film con ambizioni estetiche da non sottovalutare – tanto che divenne modello ispiratore di un certo cinema di serie B italiano – dove Brass dimostra il suo estremismo visionario tanto in certe sequenze scioccanti, come la mattanza dei maiali o le prove di reclutamento delle spie/prostitute con storpi e mutilati, quanto nei numeri da burlesque che omaggiano le atmosfere ambigue alla Marlene Dietrich dell’Angelo Azzurro; inoltre all’epoca il regista amava circondarsi di attori veri, e con interpreti del calibro di Helmut Berger e Ingrid Thulin, uniti a tanti caratteristi di valore – citiamo solo il prezioso cameo di Stefano Satta Flores – la qualità del risultato finale è assicurata.
Giudizio: 
(legenda).


di Giulio Ragni. 1 dicembre 2008.
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